Author: Luca Pardi

Referendum

Qui come ti muovi ti fulminano. Qualsiasi cosa dici può essere usata contro di te. Qualsiasi cosa decidi di fare sei sicuro di rischiare di aiutare il fronte avversario. Allora ve lo dico, io vado a votare anche se rispetto al cataclisma che aspetta questa nostra società industriale globalizzata a causa del suo evidente overshoot ecologico (che è il tema di questo blog), il voto di domenica ha lo stesso effetto del risultato (sempre di domenica) di Fiorentina- Palermo. Vado a votare e, anzi, sarò in uno dei seggi del mio comune a fare il segretario di mia moglie che ne è presidente. Così potrò dire ai miei nipoti, quando leggeranno sui libri di storia, anzi no, I Libri di Storia, dello scontro epocale fra il nuovo e il vecchio nell’Italia del 2016, io c’ero. Vado a votare e voto NO. Sono quasi sicuro che sopravviveremo a qualsiasi esito.… more

Referendum

Qui come ti muovi ti fulminano. Qualsiasi cosa dici può essere usata contro di te. Qualsiasi cosa decidi di fare sei sicuro di rischiare di aiutare il fronte avversario. Allora ve lo dico, io vado a votare anche se rispetto al cataclisma che aspetta questa nostra società industriale globalizzata a causa del suo evidente overshoot ecologico (che è il tema di questo blog), il voto di domenica ha lo stesso effetto del risultato (sempre di domenica) di Fiorentina- Palermo. Vado a votare e, anzi, sarò in uno dei seggi del mio comune a fare il segretario di mia moglie che ne è presidente. Così potrò dire ai miei nipoti, quando leggeranno sui libri di storia, anzi no, I Libri di Storia, dello scontro epocale fra il nuovo e il vecchio nell’Italia del 2016, io c’ero. Vado a votare e voto NO. Sono quasi sicuro che sopravviveremo a qualsiasi esito.… more

L’Italia paese d’avanguardia.

Ho passato gli ultimi 15 anni della mia vita ad arrovellarmi sul tema del collasso della società industriale globale. Un evento che adesso considero inevitabile, ma i cui tempi, nel breve, saranno scanditi non dal raggiungimento dei famosi Limiti dello Sviluppo (picco del petrolio, dei minerali ecc), ne dal superamento dei confini ecologici del pianeta (clima, perdita di biodiversità, inquinamenti vari), ma, più prosaicamente, dalla questione finanziaria. Non che quest’ultima sia slegata dagli altri problemi, anzi, si presenta proprio come problema perché abbiamo raggiunto il punto in cui (qualcuno lo chiama era dei rendimenti decrescenti) in media il sistema globale non può più crescere e quindi crescono solo quelli che hanno accumulato un vantaggio tecnologico o sociale o politico, mentre gli altri stentano, decrescono o collassano. Per ora l’Italia sembra nella schiera di quelli che stentano. Secondo alcuni la resa dei conti per noi italiani non è lontana e l’ora X scoccherà con il fallimento del sistema bancario (che ci hanno continuato a descrivere come il più solido del mondo) tenuto artificialmente in vita dalla BCE di Draghi. A me sembrano analisi abbastanza credibili, ma sarebbe necessario approfondire e molto l’argomento. Tuttavia c’è un grafico che evidenzia in modo molto chiaro la specificità del caso italiano ed è quello in fondo a questo post (pubblicato da Stefano Bassi sul suo blog).

C’è qualcosa al lavoro nel nostro paese a partire dal 2011 che non è presente o è meno importante negli altri paesi del G7. Una volta tanto siamo all’avanguardia. Facciamo da apripista nel collasso del sistema economico globale. Forse è arrivato il momento di dire “organizziamoci” a prescindere da quello che succede il 4 dicembre.

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L’Italia paese d’avanguardia.

Ho passato gli ultimi 15 anni della mia vita ad arrovellarmi sul tema del collasso della società industriale globale. Un evento che adesso considero inevitabile, ma i cui tempi, nel breve, saranno scanditi non dal raggiungimento dei famosi Limiti dello Sviluppo (picco del petrolio, dei minerali ecc), ne dal superamento dei confini ecologici del pianeta (clima, perdita di biodiversità, inquinamenti vari), ma, più prosaicamente, dalla questione finanziaria. Non che quest’ultima sia slegata dagli altri problemi, anzi, si presenta proprio come problema perché abbiamo raggiunto il punto in cui (qualcuno lo chiama era dei rendimenti decrescenti) in media il sistema globale non può più crescere e quindi crescono solo quelli che hanno accumulato un vantaggio tecnologico o sociale o politico, mentre gli altri stentano, decrescono o collassano. Per ora l’Italia sembra nella schiera di quelli che stentano. Secondo alcuni la resa dei conti per noi italiani non è lontana e l’ora X scoccherà con il fallimento del sistema bancario (che ci hanno continuato a descrivere come il più solido del mondo) tenuto artificialmente in vita dalla BCE di Draghi. A me sembrano analisi abbastanza credibili, ma sarebbe necessario approfondire e molto l’argomento. Tuttavia c’è un grafico che evidenzia in modo molto chiaro la specificità del caso italiano ed è quello in fondo a questo post (pubblicato da Stefano Bassi sul suo blog).

C’è qualcosa al lavoro nel nostro paese a partire dal 2011 che non è presente o è meno importante negli altri paesi del G7. Una volta tanto siamo all’avanguardia. Facciamo da apripista nel collasso del sistema economico globale. Forse è arrivato il momento di dire “organizziamoci” a prescindere da quello che succede il 4 dicembre.

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Il tabù che non muore mai.

Nel 2013 avevo commentato con un post il romanzo di Dan Brown “Inferno”. Un romanzo strano che, come dice il mio amico Jacopo Simonetta era forse buttato là tanto per vedere l’effetto che fa. Ora ho visto il film. Molti fiorentini sono andati a vederlo per vedere Firenze. Anche questa si può considerare un forma di patologia. Ma lasciamo perdere non è di questo che voglio parlare. Voglio parlare del finale del film che differisce in modo sostanziale dal libro. PARLO DEL FINALE QUINDI CHI VUOLE VEDERE IL FILM PUÒ TORNARE A LEGGERE QUESTO POST DOPO. Mi hanno consigliato di inserire questo avvertimento, e ho appreso che si chiama Spoiler, onde evitare che a qualcuno girino le palle. Siete avvertiti.

Nel romanzo, alla fine, il genio (pazzo) del biotecnologo ha successo, aiutato post-mortem dalla sua affascinante compagna Sienna, nel diffondere un virus che non è, come l’autore ci ha fatto pensare e temere per tutto il romanzo, una versione moderna dell’Ersinia pestis, ma un virus demografico che sterilizza il 30% della popolazione mondiale in modo casuale (quindi più democratico e meno classista) assicurando quel rientro dolce della popolazione che il biotecnologo (e anche il sottoscritto) ritiene necessario per non creare il vero inferno in terra. L’inferno delle guerre per le risorse residue, quello per l’accaparramento delle terre rimaste meno colpite dal cambiamento climatico, dalla grande guerra civile globalizzata determinata dall’inevitabile collasso della società contemporanea sotto il peso di una popolazione eccessiva rispetto alle risorse disponibili. La cosa riesce all’ultimo tuffo. E sicuramente la popolazione comincerà a decrescere prima che si verifichi quel passaggio tranquillo, solo nella testa dei demografi usciti dalle scuola di studi sociali ed economici, della transizione demografica, magari condita di sviluppo sostenibile ed altri ossimori ecologico- economici in voga fra i benpensanti di tutto il pianeta. Il virus è sostanzialmente una buona cosa. O no?

A Hollywood, luogo geometrico del lieto fine benpensante, non devono aver pensato così dato che nel pubblicizzatissimo film il finale è totalmente stravolto. Il virus viene “contenuto” dai tecnici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e lo spettatore rimane convinto che il genio biotecnologo avesse effettivamente creato un virus mortifero invece di un virus anticoncezionale. Capito?
Resta un leggero senso di nausea per questo trionfo del più stucchevole policamente corretto e per lo stesso autore che l’ha autorizzato (si presume).

Il tabù è confermato. Ed è un tabù talmente radicato che ci saranno pochissime persone che condivideranno il contenuto di questo post anche fra gli amici, fra quelli preoccupati della sorte del pianeta e dell’umanità, fra gli ecologisti in prima linea, fra i fautori dei limiti dello sviluppo. Tutto, ma mai ammettere che il problema primo è una popolazione umana strabordante. Si deve sempre trovare i distinguo per fare comunella tutti insieme, liberali e socialisti, cristiani e mussulmani, credenti e non credenti, mercatisti e collettivisti. Purché non si tocchi l’argomento tabù del controllo delle nascite.

A presto.

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Il tabù che non muore mai.

Nel 2013 avevo commentato con un post il romanzo di Dan Brown “Inferno”. Un romanzo strano che, come dice il mio amico Jacopo Simonetta era forse buttato là tanto per vedere l’effetto che fa. Ora ho visto il film. Molti fiorentini sono andati a vederlo per vedere Firenze. Anche questa si può considerare un forma di patologia. Ma lasciamo perdere non è di questo che voglio parlare. Voglio parlare del finale del film che differisce in modo sostanziale dal libro. PARLO DEL FINALE QUINDI CHI VUOLE VEDERE IL FILM PUÒ TORNARE A LEGGERE QUESTO POST DOPO. Mi hanno consigliato di inserire questo avvertimento, e ho appreso che si chiama Spoiler, onde evitare che a qualcuno girino le palle. Siete avvertiti.

Nel romanzo, alla fine, il genio (pazzo) del biotecnologo ha successo, aiutato post-mortem dalla sua affascinante compagna Sienna, nel diffondere un virus che non è, come l’autore ci ha fatto pensare e temere per tutto il romanzo, una versione moderna dell’Ersinia pestis, ma un virus demografico che sterilizza il 30% della popolazione mondiale in modo casuale (quindi più democratico e meno classista) assicurando quel rientro dolce della popolazione che il biotecnologo (e anche il sottoscritto) ritiene necessario per non creare il vero inferno in terra. L’inferno delle guerre per le risorse residue, quello per l’accaparramento delle terre rimaste meno colpite dal cambiamento climatico, dalla grande guerra civile globalizzata determinata dall’inevitabile collasso della società contemporanea sotto il peso di una popolazione eccessiva rispetto alle risorse disponibili. La cosa riesce all’ultimo tuffo. E sicuramente la popolazione comincerà a decrescere prima che si verifichi quel passaggio tranquillo, solo nella testa dei demografi usciti dalle scuola di studi sociali ed economici, della transizione demografica, magari condita di sviluppo sostenibile ed altri ossimori ecologico- economici in voga fra i benpensanti di tutto il pianeta. Il virus è sostanzialmente una buona cosa. O no?

A Hollywood, luogo geometrico del lieto fine benpensante, non devono aver pensato così dato che nel pubblicizzatissimo film il finale è totalmente stravolto. Il virus viene “contenuto” dai tecnici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e lo spettatore rimane convinto che il genio biotecnologo avesse effettivamente creato un virus mortifero invece di un virus anticoncezionale. Capito?
Resta un leggero senso di nausea per questo trionfo del più stucchevole policamente corretto e per lo stesso autore che l’ha autorizzato (si presume).

Il tabù è confermato. Ed è un tabù talmente radicato che ci saranno pochissime persone che condivideranno il contenuto di questo post anche fra gli amici, fra quelli preoccupati della sorte del pianeta e dell’umanità, fra gli ecologisti in prima linea, fra i fautori dei limiti dello sviluppo. Tutto, ma mai ammettere che il problema primo è una popolazione umana strabordante. Si deve sempre trovare i distinguo per fare comunella tutti insieme, liberali e socialisti, cristiani e mussulmani, credenti e non credenti, mercatisti e collettivisti. Purché non si tocchi l’argomento tabù del controllo delle nascite.

A presto.

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Il tabù che non muore mai.

Nel 2013 avevo commentato con un post il romanzo di Dan Brown “Inferno”. Un romanzo strano che, come dice il mio amico Jacopo Simonetta era forse buttato là tanto per vedere l’effetto che fa. Ora ho visto il film. Molti fiorentini sono andati a vederlo per vedere Firenze. Anche questa si può considerare un forma di patologia. Ma lasciamo perdere non è di questo che voglio parlare. Voglio parlare del finale del film che differisce in modo sostanziale dal libro. PARLO DEL FINALE QUINDI CHI VUOLE VEDERE IL FILM PUÒ TORNARE A LEGGERE QUESTO POST DOPO. Mi hanno consigliato di inserire questo avvertimento, e ho appreso che si chiama Spoiler, onde evitare che a qualcuno girino le palle. Siete avvertiti.

Nel romanzo, alla fine, il genio (pazzo) del biotecnologo ha successo, aiutato post-mortem dalla sua affascinante compagna Sienna, nel diffondere un virus che non è, come l’autore ci ha fatto pensare e temere per tutto il romanzo, una versione moderna dell’Ersinia pestis, ma un virus demografico che sterilizza il 30% della popolazione mondiale in modo casuale (quindi più democratico e meno classista) assicurando quel rientro dolce della popolazione che il biotecnologo (e anche il sottoscritto) ritiene necessario per non creare il vero inferno in terra. L’inferno delle guerre per le risorse residue, quello per l’accaparramento delle terre rimaste meno colpite dal cambiamento climatico, dalla grande guerra civile globalizzata determinata dall’inevitabile collasso della società contemporanea sotto il peso di una popolazione eccessiva rispetto alle risorse disponibili. La cosa riesce all’ultimo tuffo. E sicuramente la popolazione comincerà a decrescere prima che si verifichi quel passaggio tranquillo, solo nella testa dei demografi usciti dalle scuola di studi sociali ed economici, della transizione demografica, magari condita di sviluppo sostenibile ed altri ossimori ecologico- economici in voga fra i benpensanti di tutto il pianeta. Il virus è sostanzialmente una buona cosa. O no?

A Hollywood, luogo geometrico del lieto fine benpensante, non devono aver pensato così dato che nel pubblicizzatissimo film il finale è totalmente stravolto. Il virus viene “contenuto” dai tecnici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e lo spettatore rimane convinto che il genio biotecnologo avesse effettivamente creato un virus mortifero invece di un virus anticoncezionale. Capito?
Resta un leggero senso di nausea per questo trionfo del più stucchevole policamente corretto e per lo stesso autore che l’ha autorizzato (si presume).

Il tabù è confermato. Ed è un tabù talmente radicato che ci saranno pochissime persone che condivideranno il contenuto di questo post anche fra gli amici, fra quelli preoccupati della sorte del pianeta e dell’umanità, fra gli ecologisti in prima linea, fra i fautori dei limiti dello sviluppo. Tutto, ma mai ammettere che il problema primo è una popolazione umana strabordante. Si deve sempre trovare i distinguo per fare comunella tutti insieme, liberali e socialisti, cristiani e mussulmani, credenti e non credenti, mercatisti e collettivisti. Purché non si tocchi l’argomento tabù del controllo delle nascite.

A presto.

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Un tabù che ha bisogno di continue conferme.

Il fatto che la popolazione umana su questo pianeta sia ingombrante è un fatto che a me sembra evidente. Si possono fare tutti i distinguo e le raffinate analisi sociologiche ed economiche che si vuole. Resta il fatto che Homo sapiens e le sue specie alleate, animali e vegetali, stanno imponendo all’intera biosfera un’estinzione che ha già le caratteristiche delle altre cinque accertate nel passato. Se si crede nel messaggio che ci da la misura dell’impronta ecologica si può affiancare al numero di umani i loro consumi pro-capite e, argomentare (correttamente) sul fatto che il 90% della popolazione è meno influente del 10% più ricco. Se ne può trarre conclusioni politiche importante e, spesso, condivisibili, sulla necessità della redistribuzione. Benissimo. Ma questo non toglie che il tema della sovrappopolazione non possa essere messo in un angolo e dimenticato. Nemmeno se a farlo cerca di convincerci la rivista scientifica Nature con un articolo in cui mette fra i miti scientifici anche quello della sovrappopolazione. Bisogna far ricorso a tutte le doti di pazienza disponibili per non sbottare di fronte alla caterva di banalità con cui la giornalista scientifica Megan Scudellari affronta il tema della popolazione. Il principale argomento è che in realtà la crescita demografica non è più esponenziale. Come se notare questo dato di fatto fosse una prova che il problema della popolazione non esiste più. Come se, inoltre, ci fosse qualcuno di serio che lo nega. Una crescita esponenziale, come quella demografica della prima parte del secolo scorso, non può reggere in eterno e il fatto che ad un certo punto inizi a rallentare è un segno che qualcosa la sta ostacolando. Noi abbiamo qualche idea su cosa sia questo qualcosa: il raggiungimento dei limiti fisici del pianeta. Insomma l’articolo di Scudellari non è altro che un poutpourrì di quanto orecchiato dalla demografia ufficiale, quella accademica che aveva dato già prova di se anni fa sull’altra rivista scientifica di massimo grido: Science.

Questo eterno ritorno dello “sfatamento del mito della sovrappopolazione” è sempre ben accolto in almeno tre ambienti culturali e politici: l’insieme dei religiosi (da noi prevalentemente i cattolici di destra e di sinistra quasi senza distinzione), gli economicisti delle due scuole principali, keynesiani e liberisti, perché l’invecchiamento della popolazione è il loro incubo peggiore, e i social- comunisti che pensano che potremmo anche essere 10-20 miliardi purché fossimo tutti santi nella società liberata dalle classi e, finalmente, diventata il paradiso in terra. Una bella alleanza non c’è che dire per combattere la quale ci vuole tanta più cocciutaggine in quanto ci si scontra con un avversario molto più potente. Per questo, ritornando al vecchio nome che evocava il rev. Robert Thomas Malthus, ripartiamo con questo blog un po’ provocatorio, ma altrettanto sentito da chi lo scrive.… more

Un tabù che ha bisogno di continue conferme.

Il fatto che la popolazione umana su questo pianeta sia ingombrante è un fatto che a me sembra evidente. Si possono fare tutti i distinguo e le raffinate analisi sociologiche ed economiche che si vuole. Resta il fatto che Homo sapiens e le sue specie alleate, animali e vegetali, stanno imponendo all’intera biosfera un’estinzione che ha già le caratteristiche delle altre cinque accertate nel passato. Se si crede nel messaggio che ci da la misura dell’impronta ecologica si può affiancare al numero di umani i loro consumi pro-capite e, argomentare (correttamente) sul fatto che il 90% della popolazione è meno influente del 10% più ricco. Se ne può trarre conclusioni politiche importante e, spesso, condivisibili, sulla necessità della redistribuzione. Benissimo. Ma questo non toglie che il tema della sovrappopolazione non possa essere messo in un angolo e dimenticato. Nemmeno se a farlo cerca di convincerci la rivista scientifica Nature con un articolo in cui mette fra i miti scientifici anche quello della sovrappopolazione. Bisogna far ricorso a tutte le doti di pazienza disponibili per non sbottare di fronte alla caterva di banalità con cui la giornalista scientifica Megan Scudellari affronta il tema della popolazione. Il principale argomento è che in realtà la crescita demografica non è più esponenziale. Come se notare questo dato di fatto fosse una prova che il problema della popolazione non esiste più. Come se, inoltre, ci fosse qualcuno di serio che lo nega. Una crescita esponenziale, come quella demografica della prima parte del secolo scorso, non può reggere in eterno e il fatto che ad un certo punto inizi a rallentare è un segno che qualcosa la sta ostacolando. Noi abbiamo qualche idea su cosa sia questo qualcosa: il raggiungimento dei limiti fisici del pianeta. Insomma l’articolo di Scudellari non è altro che un poutpourrì di quanto orecchiato dalla demografia ufficiale, quella accademica che aveva dato già prova di se anni fa sull’altra rivista scientifica di massimo grido: Science.

Questo eterno ritorno dello “sfatamento del mito della sovrappopolazione” è sempre ben accolto in almeno tre ambienti culturali e politici: l’insieme dei religiosi (da noi prevalentemente i cattolici di destra e di sinistra quasi senza distinzione), gli economicisti delle due scuole principali, keynesiani e liberisti, perché l’invecchiamento della popolazione è il loro incubo peggiore, e i social- comunisti che pensano che potremmo anche essere 10-20 miliardi purché fossimo tutti santi nella società liberata dalle classi e, finalmente, diventata il paradiso in terra. Una bella alleanza non c’è che dire per combattere la quale ci vuole tanta più cocciutaggine in quanto ci si scontra con un avversario molto più potente. Per questo, ritornando al vecchio nome che evocava il rev. Robert Thomas Malthus, ripartiamo con questo blog un po’ provocatorio, ma altrettanto sentito da chi lo scrive.… more

Un tabù che ha bisogno di continue conferme.

Il fatto che la popolazione umana su questo pianeta sia ingombrante è un fatto che a me sembra evidente. Si possono fare tutti i distinguo e le raffinate analisi sociologiche ed economiche che si vuole. Resta il fatto che Homo sapiens e le sue specie alleate, animali e vegetali, stanno imponendo all’intera biosfera un’estinzione che ha già le caratteristiche delle altre cinque accertate nel passato. Se si crede nel messaggio che ci da la misura dell’impronta ecologica si può affiancare al numero di umani i loro consumi pro-capite e, argomentare (correttamente) sul fatto che il 90% della popolazione è meno influente del 10% più ricco. Se ne può trarre conclusioni politiche importante e, spesso, condivisibili, sulla necessità della redistribuzione. Benissimo. Ma questo non toglie che il tema della sovrappopolazione non possa essere messo in un angolo e dimenticato. Nemmeno se a farlo cerca di convincerci la rivista scientifica Nature con un articolo in cui mette fra i miti scientifici anche quello della sovrappopolazione. Bisogna far ricorso a tutte le doti di pazienza disponibili per non sbottare di fronte alla caterva di banalità con cui la giornalista scientifica Megan Scudellari affronta il tema della popolazione. Il principale argomento è che in realtà la crescita demografica non è più esponenziale. Come se notare questo dato di fatto fosse una prova che il problema della popolazione non esiste più. Come se, inoltre, ci fosse qualcuno di serio che lo nega. Una crescita esponenziale, come quella demografica della prima parte del secolo scorso, non può reggere in eterno e il fatto che ad un certo punto inizi a rallentare è un segno che qualcosa la sta ostacolando. Noi abbiamo qualche idea su cosa sia questo qualcosa: il raggiungimento dei limiti fisici del pianeta. Insomma l’articolo di Scudellari non è altro che un poutpourrì di quanto orecchiato dalla demografia ufficiale, quella accademica che aveva dato già prova di se anni fa sull’altra rivista scientifica di massimo grido: Science.

Questo eterno ritorno dello “sfatamento del mito della sovrappopolazione” è sempre ben accolto in almeno tre ambienti culturali e politici: l’insieme dei religiosi (da noi prevalentemente i cattolici di destra e di sinistra quasi senza distinzione), gli economicisti delle due scuole principali, keynesiani e liberisti, perché l’invecchiamento della popolazione è il loro incubo peggiore, e i social- comunisti che pensano che potremmo anche essere 10-20 miliardi purché fossimo tutti santi nella società liberata dalle classi e, finalmente, diventata il paradiso in terra. Una bella alleanza non c’è che dire per combattere la quale ci vuole tanta più cocciutaggine in quanto ci si scontra con un avversario molto più potente. Per questo, ritornando al vecchio nome che evocava il rev. Robert Thomas Malthus, ripartiamo con questo blog un po’ provocatorio, ma altrettanto sentito da chi lo scrive.… more