Effetto Cassandra

La sovrappopolazione è ancora un tabù

Da “Amerika”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Di Frank Azzurro

Ci sono molte persone – alcune delle quali scienziati rispettati – che hanno parlato della sovrappopolazione per decenni. Il dottor Albert Bartlett, persino Isaac Asimov – uomini intelligenti che vedono attraverso le complesse strutture sociali e le condensano nella forma più semplice, di modo che possa essere vista per quello che è. 

La maggior parte delle persone nella società moderna non ama parlare di sovrappopolazione perché non vuole ammettere che non tutte le vite umane sono preziose e vale la pena salvarle – il che nega la semplice realtà che la morte accade; che sia a tarda età o nell’infanzia, è inevitabile. Può accadere in circostanze tragiche o non tanto tragiche. La parte più profonda della nostra esistenza è il fatto che finisce, eppure non riusciamo ancora ad afferrarlo. Se ogni vita umana non vale la pena di essere salvata, il pensiero vaga, allora forse la mia vita non vale la pena di essere salvata, e ciò è inaccettabile praticamente per tutti. Al posto di ammettere semplicemente che siamo una società di idioti narcisisti che ripete a pappagallo cose sui diritti individuali mentre si accaparra e consuma tutte le risorse disponibili, però, proiettiamo quel pensiero nel, “la vita di chiunque è tutt’altro che preziosa, pertanto qualsiasi cosa riduca o limiti i diritti di qualcun altro è un attacco diretto all’umanità ed alla vita stessa”. Naturalmente, ciò è stupido se riferito alla sovrappopolazione, perché la cosa è che meno persone ci sono, più risorse ci sono per tutti.

Il punto che è stato fatto proprio da coloro che credono che la sovrappopolazione è stata e continuerà ad essere un problema nel nostro mondo può essere espressa da questa equazione:

Numero di persone * Consumo medio per persona = totale del consumo di risorse

La semplice bellezza di questa equazione comincia davvero a risplendere quando si  considera cosa può controllare l’umanità e cosa ha senso controllare: il consumo medio per persona, o il numero di persone sul pianeta Terra? La risposta è ovvia, ma addentrarsi nelle norme sociali si dimostra un po’ più difficile:

Questo è un pezzo che non voglio scrivere. Il tema è brutto, mi fa indietreggiare istintivamente. Ho castigato le persone che lo tirano fuori agli incontri ambientalisti. Le persone che ne parlano ossessivamente sono spesso stati insensibili nei confronti della vita umana ed è stato dimostrato coerentemente che avevano torto nel corso della storia. Eppure… c’è una parte di intuizione in quello che dicono. 


Il tema è la sovrappopolazione. Il nostro pianeta è troppo pieno di esseri umani? Ci stiamo riproducendo eccessivamente? Queste domande si stanno intrufolando sempre più nel dibattito pubblico e da direzioni strane. Phillip Mountbatten — marito della monarca britannica Elisabetta di Windsor — in un documentario proiettato la sorsa settimana ha detto: “I prezzi del cibo stanno salendo e tutti pensano che questo abbia a che fare col fatto che non ci sia cibo a sufficienza, ma in realtà ha a che fare col fatto che ci sono troppe persone. E’ un po’ imbarazzante per tutti, nessuno sa come gestire questa cosa”. E non è solo.  

[SeattlePi.com]

 A complicare ulteriormente questo problema c’è il modo in cui la sovrappopolazione sta diventando un problema per tutti. Naturalmente, il pianeta Terra è sempre un posto grande, quindi il problema non è evidente dappertutto, e molta gente ora è abituata all’idea di vivere in città affollate quindi si fanno beffe dell’idea che le infrastrutture possano collassare se vengono aggiunte ancora più persone al gregge. Questo è un altro strato della nostra realtà sociale che la maggior parte delle persone rifiuta di approfondire, ma se si guarda ai fatti da un punto di vista a volo d’uccello, ci si rende conto che deve succedere qualcosa di sgradevole – persino con la valvola di sfogo dell’immigrazione nel primo mondo (legale o illegale) che continua a permettere alle popolazioni più vicine all’equatore di continuare a crescere:

Nel 2008, la popolazione mondiale è di 6,7 miliardi di persone: 1,2 miliardi di persone vivono in regioni classificate come più sviluppate dalle Nazioni Unite; 5,5 miliardi di persone risiedono in regioni meno sviluppate. “probabilmente vedremo superata la soglia dei 7 miliardi entro pochi anni”, ha detto said Carl Haub, demografo di lungo corso del PRB e coautore della scheda dati di quest’anno. “Ed entro il 2050 la popolazione mondiale è prevista aumentare fino a 9,3 miliardi. Fra adesso e metà del secolo, questi schemi di crescita divergenti faranno aumentare la popolazione che condivide la vita nei paesi oggi meno sviluppati dal 82% al 86%”. 

“Le differenze fra Italia e Repubblica Democratica del Congo illustrano questa disparità demografica che si diffonde”, ha detto Mary Mederios Kent, coautrice della scheda dati di quest’anno. “Da un lato ci sono principalmente i paesi poveri con alti tassi di nascite e basse aspettative di vita. Dall’altro ci sono principalmente i paesi ricchi con bassi tassi di nascite e rapido invecchiamento”. In tutto il mondo, ora le donne mettono al mondo in media 2,6 bambini ciascuna durante le loro vite, 3,2 nei paesi in via di sviluppo, esclusa la Cina, e 4,7 nei paesi meno sviluppati. La fertilità durante la vita è maggiore nell’Africa Sub-Sahariana con 5,4 bambini a donna. Nei paesi sviluppati, le donna hanno una media di 1,6 bambini. Gli Stati Uniti, con una media di 2,1 bambini, sono un’eccezione a questo schema di bassa fertilità dei paesi del mondo più ricchi.  

[2008 World Population Data Sheet]

E’ interessante notare che il mio punto di vista è di uno che sta per diventare padre. Le persone si arrampicano sugli specchi quando si tratta della supposta “ironia” del fatto che mi riproduco contrapposto ai miei sentimenti sulla sovrappopolazione. Ciò che non capiscono è che il processo per cui il problema è condiviso da tutti e che i tassi di fertilità sono maggiori in luoghi in cui non hanno alcun motivo di esserlo (mentre in posti in cui i tassi di fertilità sono bassi, il consumo medio di risorse tende ad essere alto). Lo straripamento deve poi essere affrontato in posti come Portland, nel Maine, quando le nazioni sviluppate forniscono la valvola di sfogo di cui sopra per la sovrappopolazione. Quando sarebbe meglio semplicemente respingere le enormi ondate di migranti in città e paesi che non solo non le vogliono, ma di sicuro non ne hanno bisogno. Visto che le nostre economie sono basate sull’idea di una crescita sempre in espansione, però, ci scontriamo di nuovo col muro della realtà sociale e ci rimane difficile dire “no”. La semplicità del dottor Bartlett e di Asimov, fra gli altri, afferma che è da tempo di dire no non solo ad altre ondate migratorie, ma anche al consumismo. . Il primo passo è ammettere che c’è un problema, come dice il detto, e perché la società ammetta che la sovrappopolazione del mondo è una preoccupazione sarebbe una grande primo passo.

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Quale futuro per l’Antropocene? Un’interpretazione biofisica.

Traduzionedi MR

Nota: questa è la traduzione di un testo piuttosto pesantino che si trova per ora su “ArXiv” in attesa di essere sottoposto a una rivista scientifica, cosa che mi ripropongo di fare appena possibile. Nel frattempo, Max Rupalti si è messo a tradurlo in Italiano e il risultato lo trovate qui sotto. Come dicevo, è una cosetta un po’ accademichetta/pesantuccia, però, se avete voglia di leggerlo, aspetto i vostri commenti prima di mandarlo alla rivista. (UB)

Di Ugo Bardi
ArXiv 2015

Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Firenze.
Polo Scientifico di Sesto Fiorentino, 50019 Sesto F. (Fi)
ugo.bardi@unifi.it

Abstract. L’Antropocene è una suddivisione temporale proposta per la storia della Terra correlata alla forte perturbazione umana dell’ecosistema. Gran parte del dibattito si sta svolgendo su quale debba essere considerata la data come l’inizio dell’Antropocene, ma molto meno su come possa evolvere nel futuro e quali siano i suoi limiti finali. Qui si sostiene che il fenomeno che attualmente definisce l’Antropocene declinerà e poi scomparirà rapidamente in tempi dell’ordine di un secolo, in conseguenza della dispersione irreversibile dei potenziali termodinamici associati al carbonio fossile. Tuttavia, è possibile che in futuro il sistema economico umano possa catalizzare la dissipazione di energia solare in forme diverse dalla fotosintesi, per esempio usando dispositivi fotovoltaici a stato solido. In questo caso, una forte influenza umana sull’ecosistema potrebbe persistere per tempi molto più lunghi, ma in forme molto diverse da quelle attuali.


La storia del sistema terrestre viene descritta in termini di una serie di suddivisioni definite da cambiamenti stratigrafici discreti (o “puntuali), principalmente in termini di composizione biotica (Aunger 2007a) (Aunger 2007b). La più recente di queste suddivisioni è la proposta dell’ “Antropocene”, un termine collegato alla forte perturbazione dell’ecosistema creato dall’attività umana. La data d’inizio dell’Antropocene non è stata ancora ufficialmente stabilita, ma di solito viene identificata con l’inizio della combustione su larga scala di composti del carbonio fossili immagazzinati nella crosta terrestre (“combustibili fossili”) e, in questo caso, potrebbe essere piazzata ad un certo momento durante il XVIII secolo DC (Crutzen 2002), (Lewis e Maslin 2015). Proposte alternative la porrebbero all’inizio dello sviluppo dell’agricoltura (Ruddiman 2013) (Ruddiman et al 2015), o delle tecnologie di fissione nucleare (Zalasiewicz et al. 2015). Tuttavia, è chiaro che l’influenza umana sul sistema terrestre e enormemente aumentata con l’aumento dell’uso dei combustibili fossili e rimane principalmente collegata ai combustibili fossili (Raupach e Canadell 2010). Quindi, ci si può porre la domanda di quale potrebbe essere l’evoluzione dell’Antropocene come funzione della disponibilità in diminuzione di composti fossili del carbonio fossile. Il declino dell’Antropocene porterà il sistema terrestre a ritornare a condizioni simili a quelle della precedente suddivisione geologica, l’Olocene? Oppure la perturbazione umana continuerà? E’ questo il tema esaminato nel presente lavoro.

Il sistema terrestre è un sistema di non-equilibrio il cui comportamento è determinato dai flussi di energia che riceve. Questo tipo di sistema tende a comportarsi come trasduttore di energia e a dissipare i potenziali energetici disponibili ai tassi più rapidi possibili (Sharma e Annila 2007),  (Kaila e Annila 2008), una proprietà che può anche essere compresa nei termini del principio conosciuto come “produzione di massima entropia” (Kleidon 2004),(Kleidon et al 2010),

(Martyushev e Seleznev 2006). I sistemi di non-equilibrio tendono a conseguire la proprietà denominata “omeostasi” se il potenziale che dissipano rimane approssimativamente costante (Kleidon 2004). Nel caso del sistema terrestre, il maggior flusso è di gran lunga l’energia proveniente dal sole. E’ approssimativamente costante (Iqbal 1983), eccetto per scale temporali molto lunghe, visto che aumenta gradualmente di un fattore di circa il 10% per ogni miliardo di anni (Schroeder e Connon Smith 2008). Pertanto, si prevede che l’ecosistema terrestre raggiunga e mantenga condizioni omeostatiche per tempi molto lunghi. Tuttavia, ciò non avviene a causa delle perturbazioni geologiche che generano le transizioni intermittenti osservate nelle registrazioni stratigrafiche.

Il flusso di energia geotermica verso la superficie terrestre è di ordini di grandezza inferiore di quello dell’energia solare (Davies e Davies 2010) e si sa che cambia molto lentamente su scale temporali geologiche (Korenaga 2008). Tuttavia, è soggetta a cambiamenti intermittenti sotto forma di eruzioni vulcaniche e movimenti tettonici. Queste perturbazioni sono la causa principale delle transizioni fra le suddivisioni dei periodi geologici. Per esempio, si sa che il periodo Fanerozoico, si può osservare una forte correlazione fra le grandi eruzioni basaltiche (conosciute come “Grandi provincie ignee”, GPI) e le estinzioni di massa, a loro volta spesso associate ai limiti delle ere geologiche (Kidder e Worsley 2010), (Wignall 2001) (Bond e Wignall 2014). E’ stato anche affermato che i fattori extraterrestri, come gli impatti di asteroidi, abbiano generato discontinuità durante il Fanerozoico, ma il loro effetto è stato sovrastimato (Archibald 2014), (Bond e Wignall 2014).

Un fattore ulteriore che potrebbe creare delle discontinuità nei sedimenti è legato ai cambiamenti evolutivi biologici del tipo definito come “rivoluzioni” (Szathmáry e Smith 1995), (Kleidon 2004), in cui l’ecosistema “impara” come aumentare il tasso di dissipazione dei potenziali disponibili  (Kaila e Annila 2008). E’ stato stimato che la quantità di energia solare elaborata dagli organismi terrestri sia aumentata di un fattore di circa 1000 in un lasso di tempo di circa 3 miliardi di anni (Lenton e Watson 2011) (p. 49). Il cambiamenti di questa capacità possono portare a cambiamenti radicali nel record dell’ecosistema. Per esempio, il “grande evento di ossigenazione” (in inglese detto GOE – Great Oxygenation Event), avvenuto circa 2.500 milioni di anni fa, potrebbe essere collegato al confine Archeano/Proterozoico (Gargaud et al. 2011).

La transizione che ha generato l’Antropocene è collegata anch’essa a una discontinuità della dissipazione di energia dell’ecosistema. La discontinuità si è manifestata quando l’ecosistema (più esattamente la specie “homo sapiens”) ha imparato come dissipare il potenziale energetico immagazzinato sotto forma di composti del carbonio denominati “carbonio fossile” o “combustibili fossili” (principalmente petrolio, gas e carbone). Questi composti sono, in effetti, energia solare immagazzinata che si è accumulata lentamente come risultato della sedimentazione di materia organica principalmente durante l’era Fanerozoica, cioè su una scala temporale dell’ordine di centinaia di milioni di anni (Raupach e Canadell 2010). Il tasso di dissipazione dell’energia di questo potenziale fossile, al momento, può essere stimato in termini di “energia primaria”, in ingresso nel sistema economico umano. Nel 2013, questa quantità corrispondeva a circa 17 TW (Anon 2014b). Di questi, circa l’86% (o circa 15 TW) erano prodotti dalla combustione di composti di carbonio fossili. Si tratta di una piccola quantità in confronto alla la media di flusso totale di energia solare che raggiunge la superficie della terra, stimata essere 89.000 TW (Tsao et al. 2006) o 87.000 TW (Szargut 2003). Tuttavia, l’energia prodotta direttamente per combustione è solo un innesco per altri effetti. Fra questi, potremmo elencare la dispersione di grandi quantità di metalli pesanti e di isotopi radioattivi nell’ecosfera, la pavimentazione estesa di ampie aree di superficie con composti inerti (Schneider et al 2009), la distruzione di una grande percentuale della superficie della piattaforma continentale da parte di pratiche conosciute come “pesca a strascico di profondità” (Zalasiewicz et al 2011) ed altro. Gli effetti più importanti sono collegati all’emissione di gas serra come prodotti di combustione, principalmente biossido di carbonio, CO2, ma anche altri gas (Stocker et al 2013). La forzante termica generata dal solo CO2 di origine umana può essere calcolata come di circa 900 TW, o circa l’1% dell’effetto radiativo solare (Zhang e Caldeira 2015), quindi un effetto non trascurabile, che genera un riscaldamento serra dell’atmosfera già rilevabile e in continuo aumento. Questo riscaldamento, insieme ad altri effetti come l’acidificazione degli oceani, ha il potenziale di cambiare profondamente l’ecosistema analogamente a come le grandi province magmatiche (note come LIP, Large Igneous Provinces), in tempi remoti, hanno generato estinzioni di massa e grandi cambiamenti dell’ecosistema (Wignall 2005) (Bond e Wignall 2014).

L’emissione di gas serra nell’atmosfera continuerà col continuare della combustione di combustibili fossili. Tuttavia, i composti del carbonio esistono in quantità limitata all’interno della crosta terrestre. La massa totale di carbonio fossili è stimata di circa 1.5x10e16 t (1.25x10e21 mol C), principalmente sotto forma della famiglia dei composti conosciuta come “cherogene” (Falkowski et al 2000). Considerando che il tasso attuale di combustione di carbonio fossile è circa 9.2x10e9 t all’anno (Le Quéré et al 2014) si potrebbe concludere che, teoricamente, potrebbe continuare per più di un milione di anni. Ma ciò è ovviamente impossibile per diverse ragioni, prima di tutto perché l’ossigeno in atmosfera finirebbe molto prima (stimato in circa1.2x10e15 t o 3.7x10e19 mol O2) (Canfield 2005)). Tuttavia, una limitazione molto più drastica deriva dal fatto che non tutto il carbonio fossile presente nella crosta terrestre è carbonio “bruciabile”, cioè carbonio che sarà probabilmente bruciato dal sistema industriale umano.

La quantità di carbonio bruciabile viene normalmente valutata sulla base di fattori collegati all’economia umana, cioè, in termini di composti del carbonio il cui costo di estrazione possa fornire un profitto con gli attuali prezzi dell’energia. Una stima complessiva basata su questo concetto (Rogner 1997) ha indicato che le riserve fossili conosciute potrebbero in teoria sostenere l’attuale tasso di consumo per circa un secolo e mezzo, anche se le risorse “non convenzionali” potrebbero allungare questo periodo. Tuttavia, questo tipo di stima soffre di incertezze di base, visto che è impossibile prevedere quali saranno i prezzi dell’energia fra un secolo (ed anche per lassi di tempo molto più brevi). Così, una stima più affidabile della quantità di carbonio bruciabile deve essere basata su fattori termodinamici.

La combinazione di ossigeno atmosferico e carbonio fossile è una reazione chimica e, come tale, deve superare una barriera cinetica che possiamo definire come “energia di attivazione”. Questa energia determina il tasso di reazione. Più è alta la barriera, più basso è il tasso. Nel caso della combustione di combustibili fossili, la barriera è generata dal fatto che il carbonio fossile è immagazzinato sottoterra e non è, di solito, a diretto contatto con l’ossigeno atmosferico. Di conseguenza, durante il periodo Fanerozoico, la sedimentazione ha accumulato carbonio più rapidamente di quanto ne è stato rimosso attraverso la naturale ossidazione o combustione, nonostante la seconda reazione sia termodinamicamente favorita. E’ ben noto anche che l’energia di attivazione di una reazione chimica può essere diminuita – e il tasso di reazione reso più rapido – dalla presenza di un catalizzatore. E’ questo il ruolo giocato oggi dall’economia umana: un catalizzatore che accelera enormemente il tasso di ossidazione del carbonio fossile. Inoltre, la combustione di carbonio fossile può essere definita come una reazione “autocatalitica”, nel senso che genera strutture che accelerano il tasso di reazione. Questo è tipico di molte reazioni chimiche e processi fisici, che tendono a creare “strutture dissipative”, descritte per la prima volta da Ilya Prigogine (Prigogine 1967), (Prigogine 1968). Queste strutture accelerano la dispersione di energia in accordo col principio della massima produzione di entropia (Kleidon et al 2010).

Nel caso del sistema terrestre, le strutture create dalla dissipazione dei potenziali dei combustibili fossili possono essere definite col nome generico di “sistema industriale”. Bruciare combustibili fossili genera l’energia necessaria a creare strutture industriali che, a loro volta, vengono usate per estrarre più combustibili fossili e bruciarli. Descritto in questo senso, il sistema industriale umano basato sui fossili può essere visto come un sistema metabolico, simile a quelli biologici (Malhi 2014). Le strutture di questo sistema metabolico non biologico possono essere esaminate alla luce di concetti come quello di “energia netta” (Odum 1973), definito come l’exergia (energia in grado di produrre lavoro) generata dalla trasduzione di una riserva di energia in un altra forma di riserva di energia. Un altro concetto simile è quello del “Ritorno energetico dall’energia investita” (EROI o EROEI), definito per la prima volta nel 1986 (Hall et al 1986) (vedere anche (Hall et al 2014)). L’EROEI è definito come il rapporto dell’exergia ottenuta per mezzo di una certa struttura dissipativa rispetto alla quantità di exergia necessaria a creare e mantenere la struttura. Un EROEI inferiore ad 1 (o, analogamente, un’energia netta inferiore a zero) implica che il processo non si può autosostenere. Per esempio, il carbone bruciato semplicemente in aria aperta non genera alcuna exergia, pertanto non può sostenere il processo di estrazione di carbonio. Invece, il carbone bruciato in un motore a vapore genera energia meccanica (exergia) che può essere usata per costruire attrezzature per trivellare, scavare, sollevare e trasportare più carbone ed anche per mantenere il motore a vapore e costruirne di nuovi. Se l’EROEI associato ad un processo di dissipazione è maggiore di 1, l’eccesso può essere usato per replicare il processo in nuove strutture e, su larga scala, per creare il sistema complesso che chiamiamo “società industriale”. La crescita della civiltà umana come la conosciamo oggi, e l’intero Antropocene, può essere vista come l’effetto di EROEI relativamente grandi associati alla combustione di composti fossili del carbonio (Lambert et al 2014).

Una peculiarità della dissipazione dei potenziali associati agli idrocarburi fossili è che il sistema non può raggiungere l’omeostasi. E’ un fatto risaputo dai tempi di Stanley Jevons (Jevons 1866) che l’industria mineraria estrae prima le risorse ad “alta densità”, definite come i minerali più concentrati. Nel caso dei combustibili fossili, le risorse ad alta densità sono quelle che producono la massima exergia con la minima richiesta di exergia per la loro estrazione, cioè l’EROEI massimo. Man mano che la riserva di queste risorse si esaurisce, l’industria passa a risorse di qualità minore che richiedono strutture di estrazione energeticamente più costose come, per esempio, le risorse che possono essere estratte soltanto da grandi profondità o richiedono processi di raffinazione complessi. Questo porta ad un progressivo declino dell’EROEI associato ai potenziali fossili anche se nella prima fase del ciclo il declino può essere invertito da fattori tecnologici e da fattori di scala. Per esempio, Hall e i suoi collaboratori (Hall et al 2014) mostrano che l’EROEI dell’estrazione del petrolio negli Stati Uniti ha raggiunto il picco a circa 30 negli anni 60, per poi declinare oggi a valori inferiori a 20. Un fattore ulteriore di cui tenere conto si chiama “inquinamento”, che accelera il degrado della riserva di capitale accumulato e quindi riduce l’EROEI del sistema in quanto questo richiede più exergia per la propria manutenzione.

Solo una piccola frazione dei composti fossili del carbonio della crosta possono fornire un EROEI maggiore di 1 ed una ancora più piccola può fornire i grandi EROEI che hanno creato la civiltà industriale e, di conseguenza, generato l’Antropocene (Hall et al 2009) (Zencey 2013). Pertanto, possiamo aspettarci che la progressiva riduzione dei valori medi di EROEI porterà ad un rallentamento della reazione di combustione. Diversi modelli descrivono questo fenomeno. Storicamente, il primo risale a Jevons (Jevons 1866), in seguito, il concetto è stato ripreso da Hubbert (Hubbert 1956) e ancora dopo quantificato da diversi studi, spesso basati sulla dinamica dei sistemi (Forrester 1971) (Meadows et al 1972), (Meadows et al 2004), (Bardi e Lavacchi 2009).

Tutti questi studi mostrano che il ciclo di sfruttamento di una risorsa energetica finita deve seguire una curva “a campana”, anche se non necessariamente una curva simmetrica. Un gran numero di studi ha esaminato il ciclo di sfruttamento degli idrocarburi con l’obbiettivo di fare previsioni quantitative (vedete per esempio (Maggio e Cacciola 2012), (Guseo 2011), (Campbell e Laherrere 1998), (Zittel et al 2013). (Turner 2008), (Bardi 2014) ). I risultati sono, ovviamente, solo delle stime, ma la conclusione generale è che il carbonio che ha generato l’ “impulso” di potenza dell’Antropocene è destinato a durare al massimo qualche secolo, forse meno di un secolo.

Così, da un punto di vista geologico, la fase attiva dell’Antropocene è destinata a durare un tempo molto breve. Tuttavia, gli effetti sull’ecosistema non scompariranno: una frazione del biossido di carbonio emesso durante la fase attiva dell’Antropocene potrebbe persistere nell’atmosfera terrestre per diverse decine di migliaia di anni (Archer e Caldeira 2009). Non si sa per quanto tempo il biossido di carbonio rimarrà negli stock della crosta terrestre, come gli oceani, ma per vedere la completa inversione del processo di combustione dovremo attendere che si riformino nuove riserve di carbone, gas e petrolio in profondità nella crosta terrestre, una cosa che potrebbe richiedere perlomeno centinaia di migliaia di anni. In realtà, tali riserve potrebbero non formarsi mai più, in particolare quelle di carbone, che sono il risultato di un clima peculiare e di condizioni biologiche che esistevano centinaia di milioni di anni fa e che potrebbero non ripresentarsi più. Così, dopo la fase attiva della combustione dei combustibili, il sistema terrestre non tornerebbe alle condizioni delle ere iniziali. Il clima futuro ovviamente è incerto, ma sembra che, eccetto cambiamenti realmente catastrofici ed irreversibili (Hansen 2007), potrebbe restare in uno stato “interglaciale” per almeno 10.000 anni in futuro (Berger et al, 2003) oppure tempi anche molto più lunghi, prima di tornare infine ai cicli di ere glaciali che hanno caratterizzato il Pleistocene. Su un periodo di tempo molto lungo, l’aumento graduale dell’intensità di irradiazione solare alla fine porterà alla scomparsa dei vertebrati in circa 800 milioni di anni in futuro e, in un futuro ancora più remoto, alla completa sterilizzazione del pianeta fra circa un miliardo e mezzo di anni (Franck et al 2006), (Schroeder e Connon Smith 2008).

Potremmo speculare sulla possibilità che gli esseri umani a conservare la loro forte influenza sull’ecosistema passando alla dissipazione di potenziali diversi da quelli forniti dagli idrocarburi fossili, ma tuttavia non l’energia solare diretta. Nella crosta terrestre esistono potenziali non legati al sole, sotto forma di energia geotermica (Davies e Davies 2010) ed energia delle maree (Munk e Wunsch 1998). Entrambe sono tuttavia di diversi ordini di grandezza più piccoli dell’energia potenziale generata dalla luce solare. La fissione di nuclei pesanti (uranio e torio) è a sua volta un potenziale energetico non basato sul carbonio che può essere dissipato. Tuttavia, questo potenziale è limitato in portata e non si può riformare sulla base dei processi terrestri. Eccetto nuovi sviluppi radicali, ci si attende che l’esaurimento impedisca a questo processo di giocare un ruolo importante in futuro (Zittel, Zerhusen, Zerta, Bölkow ed Arnold, 2013). La fusione nucleare potrebbe cambiare i giochi a questo proposito ma, finora, non ci sono prove che il potenziale associato alla fusione dei nuclei di deuterio possano generare un EROEI sufficiente per mantenere una sociatà industriale, o persino di mantenere sé stessa.

Una strada diversa per conservare una grande tasso di dissipazione di energia dell’Antropocene potrebbe essere quello di trattare l’energia solare usando qualcosa di diverso dal motore fotosintetico che alimenta la biosfera. In linea di principio, ciò è possibile. Come accennato prima, il flusso di energia solare che raggiunge la superficie della Terra è stimata in 89.000 TW (Tsao et al 2006) o 87.000 TW (Szargut 2003). La circolazione atmosferica genera circa 1000 TW di energia cinetica (Tsao et al 2006). Si tratta di flussi di alcuni ordini di grandezza più grandi del flusso di energia primaria associato all’Antropocene (circa 17 TW). Naturalmente, come detto in precedenza, la capacità di un sistema di trasduzione per creare strutture complesse dipende dall’EROEI della trasduzione. Su questo punto, tutti gli studi recenti sui sistemi fotovoltaici riportano degli EROEI maggiori di uno nella produzione di energia elettrica (Rydh e Sandén 2005), (Richards e Watt 2007), (Weißbach et al 2013). (Blankenship et al 2011), (Chu 2011), (Bekkelund 2013) (Prieto e Hall 2011). Nella maggior parte dei casi l’EROEI dei sistemi FV è ritenuto essere inferiore a quello dei sistemi di combustione dei fossili ma, in alcuni casi, viene riportato che siano maggiori  (Raugei et al. 2012), con valori anche maggiori riportati per il Solare a Concentrazione, (Montgomery 2009), (Chu 2011). In generale, i valori dell’EROEI dell’ordine di 5-10 per la trasduzione diretta dell’energia solare possono essere considerati stime ragionevoli (Green e Emery 2010). Per gli impianti eolici vengono riportati valori di EROEI anche maggiori (Kubiszewski et al 2010). Questi valori potrebbero aumentare in conseguenza degli sviluppi tecnologici, ma anche declinare di fronte alla progressiva occupazione dei siti migliori per gli impianti e dell’aumento dei costi energetici legati all’esaurimento dei minerali necessari per costruire gli impianti stessi.

La sostenibilità a lungo termine dellle tecnologie solari ed eolica è un tema complesso che non verrà discusso in dettaglio qui. E’ sufficiente dire che le tecnologie solare ed eolica attuali possono usare elementi rari che potrebbero essere di fronte a problemi di esaurimento a breve termine, ma anche che è possibile costruire sistemi che non ne hanno bisogno (García-Olivares et al 2012). Gli studi hanno anche riportato che i materiali usati per le celle solari possono essere riciclati a tassi del 99,99% (Fthenakis 2009). Pertanto, non sembrano sussistere barriere fondamentali alla “chiusura del ciclo”ed all’uso di exergia generata da sistemi FV basati sul silicio per riciclare loro stessi. Esistono diverse stime sui limiti estremi della generazione di energia da sistemi FV. Il “potenziale tecnico” in termini di produzione di energia solare dei soli Stati Uniti è stimato come maggiore di 150 TW (Lopez et al 2012). Secondo i dati riportati (Liu et al. 2009), circa 1/5 dell’area del deserto del Sahara (2 milioni di mq) potrebbe generare 50 TW ad un’efficienza di conversione dell’are dei pannelli FV del 10%. Sommando frazioni simili delle aree dei grandi deserti, gli impianti FV (o quelli a concentrazione) potrebbero generare circa 500-1000 TW, probabilmente di più, senza impattare significativamente sui terreni agricoli. Inoltre, l’energia eolica potrebbe generare 80 TW (Jacobson e Archer 2012) o valori in qualche modo inferiori (Miller et al. 2011), ma forse non più di 1 TW (de Castro et al. 2011).

Da questi dati, possiamo concludere che la trasduzione del flusso di energia solare tramite dispositivi a stato solido potrebbero rappresentare una nuova “rivoluzione” metabolica del tipo descritto da (Szathmáry e Smith 1995). (Lenton e Watson 2011) che avvierebbe l’ecosfera verso un livello di trasduzione nuovo e maggiore di quello attuale. E’ troppo presto per dire se una transizione del genere sia possibile ma, se questa dovesse avere luogo al suo massimo potenziale, i suoi effetti potrebbero portare a trasformazioni più grandi di quelle associate all’Antropocene per come lo si comprende ora. Pertanto potremmo trovarci di fronte ad una nuova transizione geologica. Visto che questi effetti sarebbero associato principalmente ai dispositivi a  stato solido (vedi celle FV), forse ci serve un termine diverso da “Antropocene”. Il termine “stereocene” (l’era dei dispositivi a stato solido) potrebbe essere adatto.

Riferimenti

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Quando la Terra si trova alla sua capacità massima

Da “Lariat”. Traduzione di MR (via Population Matters) 

Di Jonathan Anson

La Terra sta attraversando una pletora di problemi. La maggior parte di essi sono collegati all’eccessiva crescita della popolazione della razza umana. (Illustrazione di Anibal Santos)

Il cambiamento climatico continua a rimanere un problema controverso e spinoso. Il conflitto ha raggiunto un nuovo vertice coi governi del mondo che vedono sempre più necessario contrattaccarlo. Le Nazioni Unite considerano che il cambiamento climatico sia un enorme minaccia ed ha fornito ampi rapporti sul problema. Sperano di affrontare la causa che sta dietro al cambiamento climatico, cioè l’uso di combustibili fossili, lo spreco di energia e l’eccessivo consumo. Un altro fattore riceve ancora poca considerazione dai mezzi di informazione ed è tuttavia collegato con tutto questo: la crescita della popolazione.

Allison Camelot, presidente di dipartimento di sociologia al College di Saddleback, ha detto che la crescita della popolazione porta a problemi dovuti al conseguente comportamento umano. “Il cambiamento climatico globale è condizionato dall’industrializzazione e dalle attività agricole”, ha detto la Camelot. “Più gente ci sarà, più ne verrà condizionato”. La Camelot ha detto che il numero maggiore di persone nate porta a maggiori pressioni e problemi. “Con [l’aumento] della popolazione dobbiamo produrre più cibo”, ha detto la Camelot. “Alleviamo più bestiame. Ci sono più persone che usano l’elettricità, i trasporti, l’industria e l’aumento dei processi industriali aumenta il biossido di carbonio, ossido d’azoto, più inquinamento, gas serra che vengono emessi a causa dell’attività umana [che altera] lo strato d’ozono”.

Le Nazioni Unite concordano e trovano che l’eccessiva crescita della popolazione sia un problema. Gli aumenti di popolazione, secondo il loro sito ufficiale, “inaspriranno i problemi esistenti” come il crimine, i problemi economici, gli scontri culturali, le malattie e diversi problemi sociali come i diritti umani. L’organizzazione ha stimato con una certezza del 80’% che entro il 2100 la popolazione è prevista raggiungere una cifra fra i 9.6 e i 12,3 miliardi di persone. Uno studio del 2009 condotto alla Oregon State University aggiunge un altro problema alla lista. Secondo lo studio, uno dei maggiori contributi alle emissioni di carbonio è dovuto ad una singola azione: la riproduzione umana. “E’ stata data grande attenzione ai modi in cui l’uso domestico dell’energia, il viaggiare, le scelte alimentari e le attività di routine delle persone alterino le loro emissioni di biossido di carbonio e, alla fine, i loro contributi al riscaldamento globale, ha detto lo studio. “Tuttavia, le scelte riproduttive di un individuo di rado vengono incluse nei calcoli dei loro impatti sull’ambiente”.

Date  le attuali condizioni in America, far  nascere un solo bambino aumenta le emissioni di una persona di 9.441 tonnellate come eredità di carbonio, suggerisce lo studio. Lo studio suggerisce ulteriormente che il solo atto aumenta l’impronta di carbonio di una persona di 20 volte in emissioni anche se una persona minimizza guidando una macchina che consuma poco, ricicla, usa elettrodomestici ad alta efficienza e lampade a basso consumo. Inoltre, gli individui devono cambiare le abitudini di stile di vita quando c’è  di mezzo la riproduzione, altrimenti ci sarebbero delle conseguenze.

“Ignorare le conseguenze della riproduzione può portare a gravi sottovalutazioni dell’impatto a lungo termine di un individuo sull’ambiente globale”, ha detto lo studio. Lo studio ha ulteriormente reso solide le prove per cui la crescita della popolazione è un fattore che sta dietro al cambiamento climatico. Il problema ha portato a risposte divergenti su come affrontare questo problema. I governi, come India e Cina, hanno cercato di abbassare i loro alti tassi di nascite, di solito tramite incentivi pensati per incoraggiare le persone ad avere meno figli. Nel caso della seconda, alle persone è permesso avere solo due bambini. Tuttavia, gli studi mostrano che i tassi di nascita, in particolare nelle società sviluppate come Germania, Giappone, America e Corea del Sud, sono in declino non a causa dell’intervento governativo, ma grazie alle decisioni volontarie dei singoli individui di limitare il numero di bambini che hanno o di non averne affatto.

Questa tendenza è notevole specialmente fra le generazioni più giovani. Uno studio dell’ Urban Institute ha scoperto che i tassi di fertilità fra le donne della Generazione Y che vanno dai 20 ai 27 anni in America è diminuito, in virtù principalmente della grande recessione iniziata nel 2007. Tuttavia gli scienziati, secondo un recente studio della Pew Research, si preoccupano ancora della popolazione del pianeta in crescita più dell’opinione pubblica, nonostante tali diminuzioni. Si preoccupano di trovare una soluzione adeguata a questo problema. Il giornalista Alan Weisman offre qualche passo iniziale per trovarla nel suo libro “Countdown”: fornire una buona educazione, dare alle persone i mezzi per aiutarle a regolare il numero di bambini che hanno avuto e consentendo alle persone di accedere ad una libertà riproduttiva maggiore. Per provarlo, Weisman cita specificamente un programma di pianificazione famigliare di successo utilizzato in Iran iniziato  nel 1989 e finito nel 2006. Durante questo periodo, il paese ha goduto di accesso all’educazione sull’essere responsabili nell’avere figli insieme ad aiuti pensati per impedire gravidanze indesiderate, come ad esempio i contraccettivi.

Il tasso di nascite dell’Iran è sceso da un 3,2% del 1986 al solo 1,2% del 2001: una delle diminuzioni più rapide mai registrate nella storia. Tuttavia, il tasso di nascite ha iniziato di nuovo a salire a causa dello smantellamento di questi programmi sotto il regime fortemente conservatore del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Di conseguenza, i programmi educativi un tempo pensati per aiutare a frenare la crescente popolazione del paese vengono ancora sistematicamente eliminati. Questo tipo di comportamento di indebolimento, ha detto Weisman, permette ad un grande fattore che sta dietro al cambiamento climatico di andare avanti.

Fatterelli

  • 1/3 della crescita della popolazione del mondo è il risultato di gravidanze incidentali o indesiderate, secondo il World Population Fund tedesco.
  • Nel mondo solo il 57,4% delle donne dai 15 ai 49 anni che sono sposate o accompagnate usano la moderna contraccezione e questa cifra crolla ad un solo 31% nei paesi meno sviluppati, secondo la World Health Organization.
  • Ogni secondo ci sono 4,3 nascite ed 1,8 morti, per un aumento netto della popolazione di 2,5 persone al secondo. 
  • Monaco, in Francia, ha uno dei tassi di nascite più bassi del mondo: 6,72%, secondo l’ultima edizione del CIA World Factbook. Il Factbook osserva anche che il Niger in Africa conserva il più alto tasso di nascite del mondo: 46,12%. 
  • La popolazione mondiale è aumentata in soli 12 anni di un miliardo fra il 1999 e il 2011. 
  • Ogni 20 minuti, la popolazione umana cresce di circa 3.000 persone. E’ circa la stessa quantità di tempo che ci vuole perché un’altra specie animale o vegetale si estingua completamente (il tasso di estinzione delle specie è di circa 27.000 all’anno). 
  • L’attività umana, la crescita della popolazione e l’urbanizzazione sono grandi forze motrici dietro alla perdita di ecosistemi come le barriere coralline, le paludi, il ghiaccio artico e le foreste pluviali. Nel caso delle ultime, queste un tempo coprivano il 14% delle terre emerse della terra, ora ne ricoprono un mero 6% e gli esperti stimano che le ultime foreste pluviali rimaste potrebbero essere consumate in meno di 40 anni. 
  • La World Health Organization dice che la crescita della popolazione, insieme al degrado ambientale, sono cause importanti che stanno dietro al rapido aumento delle malattie umane, inoltre contribuiscono alla malnutrizione di circa 3,7 miliardi di persone a livello globale. 
  • La recente esplosione della popolazione non è causata dall’aumento dei tassi di nascite, ma dalla diminuzione dei tassi di morti, con l’aiuto di medicina, rendimenti agricoli, urbanizzazione, tecnologia, educazione, prevenzione delle malattie e meno guerre. 
  • Più di un miliardo di persone nel mondo non ha cibo ed acqua potabile a sufficienza. 

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Niente più bambini, per favore

Da “The Guardian”. Traduzione di MR (via Popolation Matters)

Di Abby O’Reilly

Gli esseri umani si stanno riproducendo con persistente determinazione e questo mi fa venire il mal di testa. La Terra non starebbe meglio senza di noi?

Il sesso al solo scopo di procreare mi da il mal di testa. Ci sono quelli che scelgono attivamente di riprodursi, procreando con persistente determinazione. Copuliamo e procreiamo in continuazione, certi della consapevolezza che l’ambiente non è un nostro problema. Per la maggioranza, questa non è nemmeno una considerazione. Abbiamo una necessità di procreare e le donne sono fatte per essere madri, giusto?

Il Movimento Per L’Estinzione Umana Volontaria – Voluntary Human Extinction Movement (VHEMT – pronunciato “vehement”, veemente) viene quindi visto come una farsa. I sostenitori scoraggiano la riproduzione in favore della rigenerazione, credendo che la Terra beneficerebbe dell’assenza dell’umanità. La ragione per cui molte persone fanno difficoltà ad elaborare questo concetto è perché è inusuale per un individuo prendersi la responsabilità di un problema internazionale inibendo la proprie funzioni biologiche. Riconoscere ciò come un’opzione valida costringerebbe le persone a riflettere sui propri comportamenti, cosa che non è mai popolare. C’è anche una riluttanza ad accettare che siamo potenzialmente suscettibili ad estinguerci come qualsiasi altra specie.

Un articolo sul Daily Mail di questa settimana ha descritto in che modo due coppie abbiano optato per la sterilizzazione per essere sicuri di non mettere al mondo nessuna macchina che caga e strilla e di non aumentare l’impronta di carbonio. Una donna si è sottoposta a chirurgia poco prima che trentenne. Avendo avuto un aborto a 21 anni, continua a credere che non sarebbe etico partorire un bambino per sporcare il mondo. La seconda coppia voleva fare la sua parte per “salvare il pianeta”e quindi il marito si è fatto una vasectomia. La cosa interessante di questo articolo è che enfatizza l’indisponibilità di entrambe le donne di avere figli e non dei loro mariti. E’ accettabile per un uomo preservare il proprio seme, ma se una donna “fa tesoro” delle proprie ovaie, indisposta a condividere, viene più o meno catapultata a Strasburgo. L’implicazione è che nel negare a se stesse la maternità, le donne stanno tradendo gli obblighi del proprio genere: sono innaturali e meno femminili delle donne che sono disposte a produrre figli ed eredi a volontà.

Vengono compatite e considerate eccentriche, non sostenute come ambientaliste altruiste. Avere un figlio continua ad essere visto come la quintessenza della soddisfazione femminile, mentre per gli uomini è un effetto collaterale di un orgasmo. Molti contrasterebbero le argomentazioni addotte dal VHEMT affermando che siamo biologicamente predisposti a volere figli e che averne è come svolgere un servizio pubblico. Gli uomini devono uscire, spandere il proprio seme in qualsiasi cosa che sembra possa concepire e generare quanta più progenie possibile. Le donne devono allevare e nutrire un bambino che si sviluppa e goderselo. Dovremmo essere grati dell’opportunità di essere incinte.

La capacità di riprodurre prole è ancora considerata il significato ultimo del successo. Ad un uomo viene data una pacca sulla spalla per aver ingravidato diverse donne – è considerata una dimostrazione della sua virilità. Se una donna ha successo professionalmente ma non ha figli, i suoi risultati non sono riconosciuti come dovrebbero. Viene vista come una donna che ha perseguito la carriera per compensare la sua incapacità di soddisfare il suo destino biologico, pertanto più ha successo più viene compatita. Quelle che proprio non ci riescono – gulp – sono infertili e sono bollate come fallimenti: né completamente uomini né completamente donne, ma inutili sacche di sangue e carne che occupano spazio. L’adozione è un’opzione fantastica, accessibile e benefica, ma piuttosto di dare casa ad un bambino che non è amato ed è abbandonato, le persone vogliono gli onori che provengono dallo scambio profittevole di fluidi corporei. I bambini devono solo essere fatti, a prescindere dal fatto che possano o meno essere sostenuti finanziariamente o emotivamente e quindi cos’altro sono se non un mezzo tramite il quale uomini e donne possono insieme soddisfare la propria vanità?

Non ho alcun desiderio di avere figli. Mai. Non voglio trasmettere i capelli crespi e gli occhi piccoli che costituiscono il mio patrimonio genetico, né voglio ingiustamente costringere una palla di cellule ad esistere in un mondo che è sempre più danneggiato, pericoloso e pieno di delusione. Cinica? No. Realistica? Assolutamente sì. Ma anche altre persone dovrebbero perseguire questa possibilità? Dovremmo cominciare a stampare magliette che dicono: “Salva il pianeta, chiuditi le tube?” Questo viola i diritti umani di un individuo? O continuare a far nascere sempre più bambini in un mondo che non può gestirli e che non promette altro che afflizione a quelli di noi che ci sono già, dolore che proprio non vogliono condividere? Apprezzo che per molte persone un bambino sia considerato il simbolo tangibile dell’amore, ma non posso non pensare che sia perseguito  attivamente dai più perché pensano che sia ciò che devono fare. Per quanto ne so, non c’è nessun regolamento che affermi che solo per il fatto che tutto lì sotto funzioni bene bisogna usarlo.

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La follia nucleare di Gates: l’innovazione di cui abbiamo veramente bisogno è la rapida implementazione delle rinnovabili

Da “Counterpunch”. Traduzione di MR

di Linda Pentz Gunter

La prima domanda che mi è venuta in mente leggendo dell’ultima avventura di investimento di Bill Gates è stata: “si tratta di una copertura per dirottare più soldi verso l’energia nucleare?” Gates ha rivelato la sua Coalizione Energetica Innovativa (Breakthrough Energy Coalition) all’inizio dei colloqui sul clima della COP 21 a Parigi con molte fanfare ma pochi dettagli, compresa la dimensione dell’impegno finanziario. I miei sospetti sono stati innescati non solo dall’impegno pubblico già esistente di Gates verso la ricerca sull’energia nucleare, ma dal nome scelto per questo gruppo di 28 fra le persone più ricche del mondo (principalmente uomini). L’Istituto di Innovazione (Breakthrough Institute), dopotutto, è il nome del gruppo nuclearista pseudo-verde i cui membri hanno promosso e interpretato un film di propaganda sull’energia nucleare nel 2013, “La Promessa di Pandora”. Ma finora l’Istituto di Innovazione si mantiene ad un profilo basso nella Coalizione Energetica Innovativa, anche se, sospetto, non troppo a lungo.


A prima vista, la missione della Coalizione Energetica Innovativa, la cui ricchezza collettiva è 350 miliardi di dollari, sembra abbastanza ragionevole, anche se ci vuole un po’ per capacitarsi di quel tipo di disponibilità di reddito. “Il mondo ha bisogno di energia ampiamente disponibile che sia affidabile, accessibile e che non produca carbonio”, dichiara il gruppo. Gli investitori puntano a fornire “il capitale di partenza per tecnologie promettenti nel portare energia pulita accessibile a miliardi di persone, specialmente nel mondo in via di sviluppo”. Tutto molto nobile. Ma la follia è nel metodo.

“Il solo modo di raggiungere quell’obbiettivo è sviluppando nuovi strumenti per alimentare il mondo di energia. Questa innovazione sarà il risultato di una condotta della ricerca pubblica portata su scala in modo drammatico collegata ad investimenti realmente pazienti e flessibili impegnati allo sviluppo di tecnologie che creeranno un nuovo mix energetico”, dice la Coalizione nel proprio sito web.

Il fondatore di Salesforce.com, Marc Benioff, un membro della Coalizione, ha espresso l’opinione, in un articolo del Washington Post di Joby Warrick, secondo cui: “Abbiamo di fronte il pericolo montante del cambiamento climatico ed è diventato chiaro per me che la soluzione richiederà un’innovazione significativa”. Più ricerca? Più innovazione? Perché? I pochi spiccioli dei membri della Coalizione Energetica Innovativa potrebbero, su scala massiva, schierare energia eolica, solare e geotermica, tecnologie che non stanno aspettando di essere inventate. Sono pronte adesso, manca solo la volontà politica di implementarle. Ed è uno schieramento di cui abbiamo un disperato bisogno. Perché buttare soldi nella ricerca “paziente”. Di sicuro dovrebbero capire che non abbiamo più il lusso del tempo, giusto?

Chi sono quindi questi tipi e cosa voglio fare in realtà? Una rassegna dei membri della Coalizione fornisce un sacchetto misto di fazzoletti agitati al vento che ostentano orgogliosamente il simbolo delle radiazioni. Gates sta già sperperando parte della sua ricchezza  in Terra Power LLC, una società di progettazione ed ingegneria nucleare che persegue un elusivo, costoso e futile, cosiddetto reattore di IV generazione, che non potrà mai produrre elettricità in tempo. Mukesh Ambani è un investitore di Terra Power. Il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, sta scommettendo i suoi soldi nel sogno perpetuamente 40 anni nel futuro della fusione nucleare che, anche se dovesse mai funzionare, sarà costosissima da applicare nei paesi in via di sviluppo.

Il fondatore del Gruppo Virgin, Richard Branson, propaganda pubblicamente l’energia nucleare e mette il suo nome su Pandora’s Promise come produttore esecutivo. “Dobbiamo continuare a sviluppare energia nucleare avanzata da aggiungere al mix”, ha detto promuovendo il film del sito web dell’Istituto di Innovazione. (Vedete il nostro debunking dei numerosi errori di fatto ed omissioni del film). Chris Hohn dell’hedge fund TCI ha investito in J-Power, Una utility giapponese i cui beni comprendono centrali nucleari. Nel 2008, il governo giapponese ha vietato a TCI di aumentare la propria posta in J-Power e l’hedge fund è stato ritirato. Vinod Khosla ama l’energia nucleare ed è noto per incolpare gli ambientalisti piuttosto che la ovvia economia disastrosa dell’energia nucleare, per il proprio fallimento. “La maggior parte delle nuove centrali elettriche in questo paese sono a carbone, perché gli ambientalisti si sono opposti al nucleare”, ha detto Khosla in un’intervista del 2008. Il miliardario cinese Jack Ma di “Alibaba” è stato recentemente portato nel Gruppo di Consiglio Economico del primo ministro britannico David Cameron, probabilmente non per coincidenza il giorno prima di una visita di stato del presidente cinese per sigillare un accordo che comporta l’investimento cinese nella centrale nucleare Hinkley-C nuclear pianificata dal governo britannico. L’omonima società di Ratan Tata è piombata sulla possibilità di investimento in energia nucleare in India col passaggio del trattato Stati Uniti-India in violazione del trattato di non proliferazione nucleare.

Altri nel gruppo hanno connessioni meno ovvie con l’energia o col cambiamento climatico e c’è un chiaro oppositore al nucleare nel giapponese Masayoshi Son, fondatore, presidente ed amministratore delegato della SoftBank Group Corp., la cui epifania dopo il disastro nucleare di Fukushima del 2011 lo ha spinto a diventare un critico esplicito dell’energia nucleare ed un sostenitore dell’energia rinnovabile. Altri nel gruppo sembrano condividere interessi in energia rinnovabile. Forse il Club di Miliardari dell’Innovazione giungerà ancora alla realizzazione che da un punto di vista di generazione di energia pulita, abbiamo già innovato. Le innovazioni che servono non sono in ricerca astratta ma in schieramento. La Coalizione Energetica Innovativa deve staccarsi dalla fascino di armeggiare in un laboratorio e piuttosto fare qualcosa di reale, pratico e alla mano coi propri soldi. Tuttavia, l’asserzione del gruppo secondo cui “la fondazione di questo programma deve costituire grandi impegni di finanziamento per la ricerca di base ed applicata”, non fornisce molte ragioni di ottimismo.

Un allenatore di tennis che conoscevo, dopo una sconfitta alla sua squadra diceva che “i crolli arrivano prima delle conquiste. Abbiamo causato il crollo del clima ed abbiamo fatto la conquista energetica. Ora dobbiamo solo cominciare a vincere”. La  Coalizione Energetica Innovativa può e deve essere in quella squadra.

Linda Pentz Gunter è la specialista internazionale presso Beyond Nuclear. Presta anche servizio come direttrice dei media e dello sviluppo.


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Ugo Bardi, il Kitegen, e la Culona Inchiavabile

La storia dell’insulto che Silvio Berlusconi avrebbe rivolto ad Angela Merkel era falsa, ma è un buon esempio di una situazione ormai fuori controllo. Le tecniche di infangamento personale sono così diffuse che possono essere utilizzate contro chiunque. E non si sa nemmeno come ci si potrebbe difendere. 
Ultimamente, è partita una curiosa leggenda urbana che vuole che il modesto sottoscritto, Ugo Bardi, avrebbe dichiarato che il Kitegen (una tecnologia eolica sperimentale) abbia un EROEI (ovvero una resa energetica) di “1500”, cosa che la renderebbe almeno un ordine di grandezza più efficiente di qualsiasi tecnologia energetica nota oggi. 
Non è vero niente (*) ma questa faccenda è interessante come illustrazione della degenerazione del dibattito su qualsiasi argomento. Come effetto della progressiva “monetarizzazione” di tutti i settori della società, ne consegue che qualsiasi opinione viene considerata come dovuta al fatto che quello che la esprime ci guadagna qualcosa. Il caso di Ugo Bardi in rapporto al Kitegen è particolarmente esemplare. Ve lo riassumo in questi termini:
1. Ugo Bardi ha dichiarato che il Kitegen ha una resa energetica molto alta.
2. Ne consegue che Ugo Bardi ha degli interessi economici nel Kitegen
3. Ne consegue che ogni qual volta Ugo Bardi parla male di qualcosa (p. es. scie chimiche, fusione fredda, o roba del genere) lo fa per salvaguardare i suoi interessi personali
Stupendo sillogismo aristotelico, vero? Un trionfo di logica! Eppure, se cercate questa faccenda sul Web, la trovate espressa in questi termini. Come minimo, però, questo vuol dire che sul web cessa di esistere la possibilità di ogni dibattito su base razionale. 
Ma c’è di più e di peggio. Lo potrei chiamare l’ “effetto Merkel” (per non usare un altro termine, più colorito) come risultato della famosa faccenda dell’insulto che Berlusconi avrebbe lanciato contro Angela Merkel, cosa che si è poi rivelata totalmente falsa – ma tutti o quasi tutti ci hanno creduto. Viviamo in un epoca in cui qualsiasi fesseria può andare virale, indipendentemente dal fatto che sia vera oppure no. E chi viene danneggiato dalla fesseria in questione ha ben poche possibilità di difendersi. 
Nel caso di Ugo Bardi che avrebbe sostenuto che il Kitegen ha un valore improbabilmente alto dell’EROEI, non è difficile smentire la faccenda. Ma immaginatevi quante possibilità esistono per far partire la macchina del fango, anche a livello artigianale, contro persone che non sono leader nazionali. 
Vi è capitato di ricevere un messaggio dalla casella postale di qualcuno che conoscete bene e che vi chiede dei soldi perché si trova bloccato all’aeroporto di Londra o qualcosa del genere? A me si, più di una volta. Apparentemente, impadronirsi dell’indirizzo di posta di qualcuno, come pure dei suoi contatti, non è cosa tanto difficile. Ora immaginatevi che qualcuno si impadronisca del vostro indirizzo e spedisca a tutti i vostri contatti un messaggio in cui dichiarate – per esempio – la vostra simpatia per l’ISIS, oppure che siete alla ricerca di materiale pedo-pornografico, oppure che cercate il numero di cellulare dell’assessore all’urbanistica per “sistemare” una certa faccenda di sopraelevazione a casa vostra. Come vi difendete? Molto difficilmente, soprattutto se chi ha combinato l’imbroglio è abbastanza intelligente da generare delle accuse plausibili, tipo, appunto, quella che Berlusconi avrebbe dichiarato che Angela Merkel è una “culona inchiavabile.” Era un’espressione che molti hanno trovato plausibile, dato il carattere del personaggio. Ma che fosse plausibile non vuol dire che fosse vera. 
Quante cose plausibili – ma false – si possono dire contro di voi? Pensateci un attimo e vi verrà di che rabbrividire. E la macchina del fango opera a tutti i livelli; ricordatevi, per esempio, della faccenda delle “armi di distruzione di massa” in Iraq oppure dell’ultimo caso in ordine di tempo di manipolazione mediatica di un caso giudiziario
Come si può, ormai, credere in qualcosa che i media ci raccontano? Come si può credere in qualsiasi cosa si legga sul Web? In queste condizioni, non si può nemmeno dare tutti i torti a quelli che rifiutano di credere che il cambiamento climatico sia una cosa reale o a quei poveracci che sfogano la loro rabbia e la loro frustrazione sostenendo teorie bislacche come quelle delle scie chimiche. Tutto il nostro sistema di comunicazione è ormai fuori controllo: una serie di bugie e di contro-bugie; una specie di labirinto di specchi dove da qualunque parte ti giri trovi una immagine deformata di te stesso che urla “sono io quello vero!”  
E allora cosa possiamo fare? Eh…. buona domanda. Qualcuno ha qualche idea? 

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(*) Tutto il rumore di questa faccenda si basa su una tabella che si trova in un documento della Kitegen Research dove, apparentemente, c’è questo numero e un riferimento a un mio vecchio post. Ora, siccome la faccenda mi ha abbastanza stressato, mi rifiuto di andare a esaminare questo documento nei dettagli. Mi limito a dire che a) di quel documento non so niente, b) quel valore dell’EROEI di 1500 non c’è nel mio lavoro citato c) mi sembra un valore decisamente eccessivo per qualsiasi cosa che esista nel mondo reale, ma non è cosa che riguardi me. Vi posso dire inoltre che non ho nessun rapporto professionale con la Kitegen research né termini di consulenze, né di quote o altri tipi di partecipazione. Mi sono occupato di eolico di alta quota nel passato; mi sembra tuttora un’idea interessante ma, via via che ho approfondito l’argomento, mi sono reso conto che si parla di una tecnologia molto difficile da mettere in pratica. 

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I fisici confermano l’irreversibilità termodinamica in un sistema quantico



Da “Phys.org”. Traduzione di MR (via Emilio Martines)

Di Lisa Zyga

Nell’esperimento, un campione di cloroformio liquido (CHCl3) viene posto al centro di un magnete superconduttore dentro ad un magnetometro a risonanza nucleare magnetica (NMR). Vengono applicati impulsi magnetici avanti e indietro al campione, che porta rotazioni del carbonio nucleare fuori equilibrio e produce un’entropia irreversibile. Immagine: Batalhão, et al. ©2015 American Physical Society

Per la prima volta, i fisici hanno svolto un esperimento che conferma che i processi termodinamici sono irreversibili in un sistema quantico – il che significa che, anche a livello quantico, non puoi far ritornare intero un uovo rotto. I risultati hanno implicazioni per la comprensione della termodinamica nei sistemi quantici e, a loro volta, nella progettazione di computer quantici ed altre tecnologie informatiche quantiche. I fisici, Tiago Batalhão dell’Università Federale del ABC del Brasile ed i suoi coautori, hanno pubblicato il loro articolo sulla dimostrazione sperimentale della irreversibilità termodinamica quantica in un numero recente della Physical Review Letters.


L’irreversibilità a livello quantico potrebbe sembrare ovvia alla maggior parte delle persone perché corrisponde alle nostre osservazioni quotidiane del mondo macroscopico. Tuttavia, per i fisici non è così lineare, perché le leggi microscopiche della fisica, come l’equazione di Schrödinger, sono “temporalmente simmetriche”, o reversibili. In teoria, i processi microscopici in avanti o indietro  sono indistinguibili. Nella realtà, tuttavia, osserviamo soltanto processi in avanti, quelli non reversibili, come i gusci delle uova che non possono essere rimessi insieme. E’ chiaro che, a livello microscopico, queste leggi vanno contro a quello che osserviamo. Ora il nuovo studio mostra che le leggi a livello microscopico non corrispondono a quello che accade nemmeno a livello quantico.

Osservare processi termodinamici in un sistema quantico è molto difficile e finora non era stato fatto. Nel loro esperimento, gli scienziati hanno misurato il cambiamento di entropia che avviene quando viene applicato un campo magnetico oscillante agli atomi del carbonio-13 nel cloroformio liquido. All’inizio hanno applicato una pulsazione di campo magnetico che causa il salto delle rotazioni nucleari dell’atomo e poi hanno applicato la pulsazione al contrario per far subire alle rotazioni la dinamica invertita. Se la procedura fosse reversibile, le rotazioni sarebbero tornate ai loro punti di partenza – ma non l’hanno fatto. Fondamentalmente, le pulsazioni avanti e indietro sono state applicate così rapidamente che il salto delle rotazioni non riusciva a tenere il ritmo, così le rotazioni sono state spinte fuori dall’equilibrio. Le misurazioni delle rotazioni hanno indicato che nel sistema isolato l’entropia stava aumentando, mostrando che il processo quantico termodinamico era irreversibile.

Dimostrando che l’irreversibilità termodinamica si verifica anche a livello quantico, i risultati rivelano che l’irreversibilità termodinamica emerge su scala veramente microscopica. Questa scoperta rende la domanda del perché le leggi microscopiche della fisica non corrispondono alle nostre osservazioni ancora più pressante. Se le leggi sono realmente reversibili, allora quali sono le origini fisiche della produzione di entropia temporalmente asimmetrica che osserviamo? I fisici spiegano che la risposta a questa domanda sta nella scelta delle condizioni iniziali. Le leggi microscopiche permettono i processi reversibili solo perché cominciano con “un vero processo di equilibrio per cui la produzione di entropia svanisce sempre”, scrivono gli scienziati nel loro articolo. Preparare un tale stato iniziale ideale in un sistema fisico è estremamente complesso e gli stati iniziali di tutti i processi osservati non sono di “vero equilibrio”, che è il motivo per cui portano a processi irreversibili.

“Il nostro esperimento mostra la natura irreversibile delle dinamiche quantiche, ma non localizza, sperimentalmente, cosa la causi al livello microscopico, cosa determini l’inizio della direzione del tempo”, ha detto a Phys.org. “Occuparsi di questo chiarirebbe la ragione finale del suo insorgere”. I ricercatori sperano in futuro di applicare la nuova comprensione della termodinamica a livello quantistico per tecnologie quantiche ad alta prestazione. “Ogni progresso verso la gestione dei processi termodinamici temporalmente finiti a livello quantico è un passo avanti verso la realizzazione di una termo-macchina a tutti gli effetti che possa sfruttare le leggi della meccanica quantistica per superare i limiti di prestazione dei dispositivi classici”, ha detto paternostro. “Questo lavoro mostra che le implicazioni per la reversibilità (o la mancanza di) delle dinamiche quantiche di non equilibrio. Una volta che l’abbiamo definita, la possiamo sfruttare a livello tecnologico”.

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Solare ed eolico hanno appena superato un altro grande punto di svolta

Da “Bloomberg”. Traduzione di MR

Non ha mai avuto meno senso di adesso costruire centrali elettriche a combustibili fossili.

Di Tom Randall


Immagine da BERC

L’energia eolica è ora la forma di elettricità più conveniente da produrre sia in Germania sia nel Regno Unito, anche senza i sussidi del governo, secondo una nuova analisi della Bloomberg New Energy Finance (BNEF). E’ la prima volta che viene superata quella soglia da un’economia del G7.
Ma questo è meno interessante di quanto è appena accaduto negli Stati Uniti.

Per rendersi conto di quello che succede lì bisogna capire il fattore di capacità. Si tratta della percentuale del potenziale massimo di una centrale elettrica che viene realmente ottenuta nel tempo.
Consideriamo un progetto solare. Il sole non splende di notte e, anche durante il giorno, varia in intensità a seconda del tempo e delle stagioni. Quindi un progetto che può sfornare 100 megawatt ora di elettricità durante la parte più soleggiata del giorno potrebbe produrre solo il 20% di questi se si fa la media di un anno. Questo gli dà un 20% di fattore di capacità.

Uno dei maggiori punti di forza dell’energia elettrica da combustibili fossili è che possono controllare fattori di capacità molto alti e prevedibili. La centrale elettrica a gas media degli Stati Uniti, per esempio, può produrre circa il 70% del proprio potenziale (non arrivando al 100% a causa della domanda stagionale e della manutenzione). Ma ecco cosa sta cambiando, ed è una cosa grossa.

Per la prima volta, l’adozione diffusa di rinnovabili sta abbassando efficacemente il fattore di capacità dei combustibili fossili. Questo perché una volta che progetti eolici o solari vengono costruiti, il costo marginale dell’elettricità che producono è praticamente zero – elettricità gratis – mentre le centrali a carbone o a gas richiedono più combustibile per ogni nuovo watt prodotto. Se siete una società elettrica che può scegliere, scegliete sempre la roba gratis.

E’ un ciclo che si auto-rinforza. Man mano che vengono installate più rinnovabili, le centrali a carbone o a gas vengono usate di meno. Man mano che carbone e gas vengono usati di meno, il costo del loro uso per generare elettricità aumenta. Man mano che il costo dell’elettricità da carbone e gas aumenta verranno installate più rinnovabili.

E’ iniziato il circolo virtuoso



Fonte: Bloomberg

Eolico e solare hanno costituito per lungo tempo una piccola percentuale dell’elettricità statunitense – circa il 5% nel 2014. Ma la produzione è aumentata ad un tasso esponenziale e quelle due fonti energetiche ora sono sufficientemente grandi da influenzare quando vengono tenute in funzione le centrali a carbone e a gas naturale, secondo la BNEF.

Ci sono due ragioni per le quali questo passaggio dei fattori di capacità è importante. Primo, si tratta dell’ennesimo segnale dell’ascesa della forza dirompente dell’energia rinnovabile nei mercati elettrici. E’ impossibile spazzare via le rinnovabili negli Stati Uniti allo stesso modo in cui sarebbe stato possibile solo pochi anni fa. “Le rinnovabili stanno davvero diventando competitive e stanno competendo in modo più diretto coi combustibili fossili”, ha detto l’analista della BNEF Luke Mills. “Stiamo assistendo al logoramento del tasso di utilizzo dei combustibili fossili”.

Secondo, il passaggio illustra un grave nuovo rischio per le società elettriche che pianificano di investire in centrali a carbone o a gas naturale. Storicamente, un alto fattore di capacità è stato un input fisso nel calcolo dei costi. Ma ora chiunque contempli una centrale elettrica da un miliardo di dollari con un ciclo di vita previsto di decenni deve considerare la possibilità che, man mano che il tempo passa, la centrale sarà usata di meno di quando è stata aperta.


I fattori di capacità fa una inversione netta 


Fonte: Bloomberg, Dati: BNEF

Gran parte del declino dei fattori di capacità è dovuto alle costose “centrali di carico di baseche sono state accese di meno a causa delle rinnovabili”, secondo l’analista della BNEF Jacqueline Lilinshtein. Le centrali progettate per entrare in rete solo durante la parte dell’anno con la domanda più alta, conosciute come centrali di picco, giocano un ruolo minore. In ogni caso, il risultato finale è che l’elettricità alimentata da carbone e gas sta diventando più cara e i profitti meno prevedibili.

Per l’eolico e il solare è vero l’opposto, così come per i nuovi sistemi di batterie che possono essere accoppiati alle rinnovabili per sostituire alcune centrali di picco. L’energia eolica, compresi i sussidi statunitensi, è diventata l’elettricità più conveniente negli Stati Uniti per la prima volta lo scorso anno 4, secondo la BNEF. L’energia solare è leggermente indietro, ma i costi stanno scendendo rapidamente, specialmente quelli associati al finanziamento di nuovi progetti.


I costi più recenti del solare per Stato


Fonte: BNEF, Annotata da Bloomberg

I vantaggi economici dell’eolico e del solare sui combustibili fossili vanno oltre il prezzo. 5 Tuttavia, è notevole che in ogni grande area del mondo, il costo del ciclo di vita dei nuovi progetti di carbone e gas 6 stiano aumentando considerevolmente nella seconda metà del 2015, secondo la BNEF. Aed in ogni grande area il costo delle rinnovabili continua a crollare.

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James Hansen, padre della consapevolezza del cambiamento climatico, definisce le trattative di Pargi “Una frode”.

Di Hugh Muir.
Articolo pubblicato su “The Guardian” del 12/12 2015 

Traduzione e chiosa di Jacopo Simonetta.

La sola menzione della trattativa parigina sul clima è sufficiente a rendere James Hansen di malumore.

L’ex-scienziato della NASA, considerato il padre della consapevolezza globale del cambiamento climatico, è un gentile e schivo signore dell’Iowa.   Ma quando parla dell’assemblea di quasi 200 nazioni a Parigi il suo comportamento cambia.

“E’ un’autentica truffa, una bufala”, dice sfregandosi la testa “E’ vera merda che dicano:  -abbiamo l’obbiettivo di due gradi di riscaldamento e quindi proveremo a fare qualcosina di meglio ogni cinque anni.-   Sono parole senza senso.    Non ci sono azioni, solo promesse.   Finché i combustibili fossili resteranno i più economici, continueranno a bruciarli”.

La trattativa, intesa a raggiungere un nuovo accordo globale sul taglio delle emissioni a partire dal 2020, ha speso molto tempo ed energia su due temi principali:

Come il mondo puntare a contenere l’aumento di temperatura fra 1,5 o 2 C sopra i livelli preindustriali.   Quale investimento deve essere concesso dai paesi ricchi alle nazioni in via di sviluppo che rischiano di essere sommerse dall’innalzamento del livello del mare e devastate dal crescere degli eventi climatici estremi.  Ma, secondo Hansen, la festa internazionale è inutile se le emissioni clima alteranti non saranno tassate su tutta la linea.   Ritiene che solo questo potrebbe forzare al ribasso le emissioni abbastanza in fretta da evitare i danni peggiori del cambiamento climatico.

Hansen, 74 anni, è appena tornato da Parigi dove ha nuovamente perorato perché sia imposto un prezzo su ogni tonnellata di carbonio da parte di tutti i maggiori emettitori  (suggerisce di  usare la parola “compensazione, perché Tassa spaventa la gente”.)   di 15 $ la tonnellata che potrebbero aumentare di 10 $ all’anno; farebbero 600 miliardi solo dagli USA).   Ma non piace a molti, neanche fra i “big green” come Hansen chiama i gruppi ambientalisti.

Hansen è stato una voce fastidiosa, ma rispettata nel campo del cambiamento climatico fin da quando divenne famoso nell’estate del 1988.   Lo scienziato della NASA, che aveva analizzato i cambiamenti del clima terrestre fin dagli anni ’70, spiegò ad una commissione parlamentare qualcosa chiamato “effetto serra” dove dei gas che intrappolano il calore e che vengono rilasciati in atmosfera avrebbero causato un riscaldamento globale con il 99% di certezza.

In un articolo del New York Times del 1988, aggiunse la radicale proposta di una “brusca riduzione nella combustione di carbone, petrolio e altri combustibili fossili che rilascino anidride carbonica.”   Una richiesta familiare per coloro che hanno visto i politici sommersi dai microfoni degli intervistatori, durante le passate due settimane.

Dopo queste uscite le cose cominciarono a farsi un po’ difficili per Hansen.   Egli denuncia che la Casa Bianca ha alterato una sua successiva testimonianza, del 1989, e che la NASA designò un supervisore per verificare quello che lui diceva alla stampa.    Furono anche tenute delle conferenze stampa in cui ogni suggerimento di ridurre l’uso dei combustibili fossili fu definito come politico e non scientifico.

“Gli scienziati sono addestrati ad essere obbiettivi” dice Hansen.   “Non credo che dovremmo essere prevenuti nel parlare delle implicazioni della scienza.”    Si è pensionato dalla NASA nel 2013.   “E’ stato un motivo di frizione.   Ho continuato più a lungo di quanto volessi, un anno o due.    Avevo settant’anni, era tempo che qualcun altro mi desse il cambio.   Adesso mi sento molto meglio.”

Da essere forse il più famoso scienziato americano, Hansen è ora probabilmente il principale attivista per il clima.   E’ stato arrestato varie volte durante delle proteste fuori dalla Casa Bianca a proposito delle miniere e del controverso oleodotto Keystone.

E’ anche un professore della Columbia University.   Quando è a New York, vive vicino al campus, circondato dai libri impilati negli scaffali.   Hansen non sta rallentando – è coinvolto in un gruppo di lobbying climatica e mantiene quel tipo di atteggiamento scientifico che aiuta a mantenere la sua dignità.

Un articolo in particolare, di Luglio, dipinge un futuro particolarmente nero per chiunque viva vicino alla costa.    Hansen e 16 colleghi hanno trovato che le principali calotte glaciali, come quella della Groenlandia, si stanno sciogliendo più rapidamente del previsto, evidenziando che anche 2 C di riscaldamento sia  “molto pericoloso”.

In questo articolo, dice che Il livello del mare può rapidamente crescere fino a 5 metri sopra il livello attuale per la fine di questo secolo, se non saranno radicalmente ridotti i gas –serra.  Questo inonderà molte delle città del mondo, incluse Londra, New York, Miami e Shanghai.

“Più della metà delle principali città del mondo sono a rischio”, dice Hansen.   “Se parli coi glaciologi in privato ti dicono che temono molto di vedere un aumento del livello marino molto più importante di quello che ci dicono i modelli attuali.

“Il costo economico” di una approccio economico tradizionale alle emissioni è incalcolabile.   Potrebbe essere messa in discussione la capacità dei governi di evitare il proprio collasso.   Stiamo parlando di centinaia di milioni di rifugiati climatici da posti come il Pakistan e la Cina.   Non possiamo permettere che accada.   La civiltà si è sviluppata con una linea di costa stabile e costante”.

L’articolo è ancora in corso di revisione ed alcuni dei colleghi di Hansen, compreso il suo pupillo alla NASA – Gavin Shmidt – hanno espresso dei dubbi che il livello del mare possa essere così pericoloso, quando le proiezioni dell’IPCC danno un incremento di un metro per il 2100.

Ma le mattonate arrivano a tutti.    Hansen ritiene che Obama, che ha fatto del clima un punto chiave durante l’ultimo anno del suo mandato, ha mancato la possibilità di inquadrare il problema.
“Siamo matti a sperare che Obama risolva le cose, che sia una specie di Roosevelt e che chiacchierando davanti al camino possa spiegare al pubblico perché abbiamo bisogno di una compensazione crescente sul carbonio per spostarci sulle energie pulite,” dice.   “Non è molto bravo in questo.   Non ne ha fatto una priorità e adesso è tardi per lui.”

Hansen è caustico sui leaders repubblicani che hanno abbracciato il negazionismo climatico, fra la costernazione di alcuni anziani del partito.

I principali canditati alle presidenziali: Donald Trump, Marco Rubio e Ben Carson hanno tutti deriso l’evidenza che il mondo si sta scaldando a causa delle attività umane, mentre Ted Cruz, un altro candidato, ha dedicato tempo della sua campagna elettorale per partecipare ad una inchiesta sulla climatologia che ha ascoltato un ospite abituale delle radio di destra privo di competenze scientifiche.

“Questo è davvero imbarazzante,”   dice Hansen.   Dopo un po’, come scienziato, ti rendi conto che i politici non agiscono in modo razionale.”

“Molti dei conservatori la sanno che il cambiamento climatico non è una bufala.   Ma quelli in corsa per le presidenziali sono ostacolati dal fatto che pensano che non avranno la candidatura se dicono che questo è un problema.   Non prenderebbero più soldi delle industrie dei combustibili fossili.”

Comunque, alla fine c’è una nota positiva.   La crescita delle emissioni è in qualche modo in stallo e Hansen ritiene che la Cina, il principale inquinatore mondiale, possa ora assumere quella guida che è mancata da parte degli USA,   Una Quinta Avenue sommersa e mortali ondate di calore non sono inevitabili.

“Io penso che ce la faremo perché la Cina è razionale,” dice Hansen.   “I loro capi sono perlopiù istruiti in ingegneria e cose simili, non negano il cambiamento climatico ed hanno un forte incentivo, che è l’inquinamento dell’aria.   Nelle loro città è talmente terribile che devono per forza andare verso le energie pulite.   Hanno capito che non è una bufala, ma hanno bisogno di cooperazione”.

(nota di JS) A chiosa di questo articolo, vorrei ricordare alcuni passaggi importanti e azzardare un pronostico.  

  • La prima osservazione è che il commento “Il risultato non è il massimo, ma si può migliorare ed è comunque un buon punto di partenza” lo ho personalmente udito per la prima volta a chiosa del summit di Stoccolma nel 1972.   Ma è probabilmente più vecchio.
  • La seconda è che il summit di Rio del 1992 non fece che continuare a pasticciare le cose, mescolando ottime idee e bieche furberie, senza cercare la minima coerenza interna nei documenti finali.   Un fatto abituale in queste occasioni, ma che pochissimi allora denunciarono, sommersi dalla fanfara cui parteciparono anche molti dei “big green” come dice Hansen.
  • La terza è che tutto quello che è stato detto e scritto a Parigi avrebbe potuto essere scritto a Copenhagen 8 anni fa,   Ma l’asse di ferro USA-Cina fece fallire la conferenza, soprattutto con lo scopo di danneggiare politicamente la UE.   All’epoca Obama era appena stato nominato ed era al culmine del suo potere e della sua popolarità internazionale.   Se avesse creduto seria la questione avrebbe avuto tutto il tempo per fare qualcosa di serio.
  • Il pronostico è che i cinesi prenderanno misure parzialmente efficaci per ridurre le polveri sottili, non la CO2.   I loro dirigenti non son caduti dal letto la settimana scorsa e queste cose le conoscono bene da anni.   Forse ne sono anche preoccupati, ma la loro priorità assoluta è fare un altro giro di doping alla crescita economica, costi quel che costi.   Come tutti gli altri, del resto.

Jacopo Simonetta

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