Effetto Cassandra

Estinto – più estinto – ancora più estinto

Da “Club Orlov”. Traduzione di MR

David Herbert

Questo blog è dedicato all’idea di presentare il quadro complessivo – il più ampio possibile – di quello che sta succedendo nel mondo. Le rispettive aree di interesse che formano il quadro complessivo includono quanto segue:

1. La decomposizione terminale e il collasso finale della civiltà industriale man mano che i combustibili fossili che la alimentano diventano sempre più costosi da produrre nelle quantità che servono, di qualità delle risorse, dell’energia netta sempre più bassa e, alla fine, della disponibilità sempre minore.

La prima previsione di Hubbert secondo cui il picco della produzione di petrolio assoluto negli Stati Uniti sarebbe stato negli anni 70 era precisa, ma la previsione successiva di un picco globale, seguito da un collasso rapido, intorno al 2000 è stata piuttosto sbagliata, perché sono passati 15 anni e la produzione globale di petrolio non è mai stata più alta. I prezzi del petrolio, che sono stati alti per un periodo, si sono temporaneamente moderati. Tuttavia, zoomando appena un po’ nel quadro petrolifero, vediamo che la produzione di petrolio convenzionale ha raggiunto il picco nel 2005 – solo 5 anni in ritardo – ed è in declino da allora, e che il deficit è stato compensato da petrolio più difficile e costoso da ottenere (di alto mare, fracking) e da cose che non sono esattamente petrolio (sabbie bituminose).

Gli attuali prezzi bassi non sono sufficienti per sostenere a lungo la nuova produzione di risorse costose e l’attuale abbondanza comincia a sembrare un banchetto seguito da una carestia. La causa diretta di questa carestia non sarà l’energia ma il debito, ma si può ancora ricondurre all’energia: un’economia industriale in crescita e di successo ha bisogno di energia a buon mercato; l’energia costosa causa l’arresto della sua crescita e la fa impantanare in un debito che non potrà mai essere ripagato. Una volta che la bolla del debito scoppia, non c’è abbastanza capitale da investire in un altro giro di produzione energetica costosa e si avvia la decomposizione terminale.

2. Il processo molto interessante degli USA che si trasformano nella nemesi di loro stessi: una USSR (URRS) 2.0 o, come li chiama qualcuno, gli USSA. (Union of Soviet States of America)

La miglior descrizione degli USA è quella di un cadavere di una nazione in decomposizione dove spadroneggia una cricca di oligarchi che controllano il gregge gestendo metodi Orwelliani di controllo mentale. La popolazione è arrivata ad un punto tale che la maggior parte di essa pensa che le cose siano fantastiche – c’è una ripresa economica, non lo sapete?ma pochi si rendono conto che hanno tutti problemi personali con cose come la violenza, l’abuso di alcool e droga e l’ingordigia. Ma non chiamatela una nazione di violenti, di drogati e di ingordi, perché sarebbe insultare. In ogni caso, non potete dirgli niente, perché non ascoltano, perché sono troppo occupati a manovrare le loro unità di supporto vitale elettroniche alle quali sono diventati dipendenti. Grazie a Facebook e a cose simili, ora sono penetrati cosi in fondo alla caverna di Platone che anche le ombre che vedono non sono reali: sono simulazioni al computer di ombre di altre simulazioni al computer.

I segni di questo stato avanzato di decomposizione ora sono inconfondibili ovunque si guardi, che sia nell’educazione, nella medicina, nella cultura o nello stato generale della società americana, dove ora per la metà piena degli uomini in età lavorativa la capacità di guadagnarsi una vita decente è compromessa. Ma ora è particolarmente ovvio nell’infinito sommarsi di errori che sono l’essenza della politica estera americana. Alcuni hanno iniziato a chiamarlo “l’impero del caos”, trascurando di menzionare il fatto che un impero del caos è per definizione ingovernabile.

Un esempio particolarmente convincente è il Califfato Islamico, che ora governa ampie aree di Siria ed Iraq. Originariamente è stato organizzato con l’aiuto americano per rovesciare il governo siriano, ma ora invece minaccia la stabilità dell’Arabia Saudita. Questo problema è stato peggiorato molto alienandosi la Russia che, con il suo lungo confine centro asiatico, è la nazione più grande ad essere interessata a combattere l’estremismo islamico. Il meglio che americani sono stati capaci di fare contro il Califfato è stata una campagna di bombardamenti costosa e inefficace. Precedenti campagne di bombardamenti inefficaci e costose, come quella in Cambogia, hanno prodotto conseguenze non volute come il regime genocida di Pol Pot, ma perché disturbarsi a imparare dagli errori quando li si può aggravare senza fine?

Un altro esempio è il caos militarizzato e il collasso economico conclamato che ha ingolfato l’Ucraina sulla scia del rovesciamento violento organizzato dagli americani del suo ultimo governo costituzionale un anno fa. La distruzione dell’Ucraina è stata dal calcolo semplicistico di Zbigniew Brzezinski per cui trasformare l’Ucraina in una zona occupata della NATO e anti Russia avrebbe contrastato efficacemente  le ambizioni imperiali russe. Un grande problema di questo calcolo è che la Russia non ha ambizioni imperiali: la Russia ha tutto il territorio che può desiderare, ma per svilupparlo ha bisogno di pace e libero commercio. Un altro piccolo problema della “scacchiera” di Zbiggy è che la Russia ha la preoccupazione principale di proteggere gli interessi dei russi ovunque vivano e, per ragioni politiche interne, agirà sempre per proteggerli, anche se tali azioni sono illegali e portano il rischio di un grande conflitto militare. Così, la destabilizzazione americana dell’Ucraina non ha ottenuto niente di positivo, ma ha aumentato le possibilità di un auto annullamento nucleare. Ma se gli USA riescono a scomparire dalla mappa politica del mondo senza innescare un olocausto nucleare, abbiamo comunque un problema, che è che…

3. Il clima della Terra, la nostra casa, è, per dirlo nel modo più gentile possibile, completamente fottuto. Ora, ci sono parecchie persone che pensano che alterare radicalmente la chimica e la fisica planetaria dell’atmosfera e dell’oceano, bruciando appena la metà degli idrocarburi fossilizzati estraibili usando metodi industriali, non significhi niente e che ciò che stiamo osservando è solo variabilità climatica naturale. Queste persone sono idioti. Cancellerò ogni singolo commento che faranno a questo post, ma nonostante la mia promessa di farlo, vi assicuro che ne faranno… perché sono idioti. [Aggiornamento: sì, infatti ne hanno fatti, CVD].

Ciò che stiamo vedendo è un episodio estintivo innescato dagli esseri umani che sarà sicuramente al di là di qualsiasi altra cosa nell’esperienza umana e che potrebbe rivaleggiare con il grande evento estintivo del Permiano-Triassico di 252 milioni di anni fa. C’è persino la possibilità che la Terra venga completamente sterilizzata, con un’atmosfera surriscaldata e tossica quanto quella di Venere. Che questi cambiamenti stiano avvenendo non richiede una previsione, solo osservazione. I soli parametri che restano da determinare sono questi:

1. Fino a dove arriverà questo processo

Ci sarà ancora un habitat in cui gli esseri umani possano sopravvivere? Gli esseri umani non possono sopravvivere senza molta acqua potabile e fonti di carboidrati, proteine e grassi, tutte cose che richiedono ecosistemi funzionanti. Gli esseri umani possono sopravvivere con quasi ogni tipo di dieta – persino con cortecce di alberi e insetti – ma se tutta la vegetazione è morta, lo siamo anche noi. Inoltre, non possiamo sopravvivere in qualsiasi ambiente in cui la temperatura di bulbo umido (che tiene conto della nostra capacità di raffreddarci sudando) supera la nostra temperatura corporea: nel momento in cui questo accade, moriamo di colpo di calore Infine, abbiamo bisogno d’aria che possiamo effettivamente respirare: se l’atmosfera diventa troppo carente di ossigeno (perché la vegetazione è morta) e troppo ricca di CO2 e metano (perché la vegetazione morta è bruciata, il permafrost si è scongelato e il metano intrappolato nei clatrati oceanici è stato rilasciato), tutti noi moriamo.

Sappiamo già che l’aumento della temperatura media globale è aumentata di 1°C dai tempi preindustriali e, sulla base della chimica dell’atmosfera alterata, si prevede che alla fine aumenterà di 2°C. Sappiamo anche che l’attività industriale, grazie agli aerosol che immette nell’atmosfera, produce un effetto conosciuto come attenuazione globale. Una volta scomparso questo effetto, la temperatura media farà un salto di almeno altri 1,1°C, Questo ci porrebbe nella gamma dei 3,5°C e nessun essere umano è mai stato vivo in una Terra di 3,5°C al di sopra della temperatura di riferimento. Ma, sapete, c’è una prima volta per tutto. Forse possiamo inventare qualche congegno… Forse se ci mettiamo tutti dei cappelli ad aria condizionata o qualcosa del genere… (Ne facciamo una competizione di design?)

2. Con quale velocità si verificherà questo processo?

La massa termica del pianeta è tale che c’è un ritardo di 40 anni fra quando la chimica atmosferica viene cambiata e quando vengono percepiti i suoi effetti nella temperatura media. Finora siamo stati protetti da alcuni degli effetti da due cose: la fusione del ghiaccio di Artico e Antartide e del permafrost e la capacità dell’oceano di assorbire il calore. La vostra bevanda ghiacciata rimane piacevole finché non si sia sciolto l’ultimo cubetto di ghiaccio, ma poi diventa tiepida e sgradevole piuttosto in fretta. Alcuni scienziati dicono che, all’esterno, ci vorranno 5000 anni perché finiamo i cubetti di ghiaccio, provocando la fine della festa, ma poi le dinamiche degli enormi ghiacciai che alimentano i cubetti di ghiaccio non sono state comprese così bene e ci sono state sorprese continue in termini di quanto rapidamente possano rimuovere gli iceberg, che poi galleggiano in acque più calde e fondono rapidamente.

Ma la sorpresa maggiore degli ultimi anni è stata il tasso di rilascio di metano artico. Forse voi no, ma io ho trovato impossibile ignorare tutti gli scienziati che hanno suonato l’allarme del rilascio del metano dell’Artico. Ciò che chiamano la pistola a clatrati – che può rilasciare circa 50 gigatonnellate di metano in un paio di decenni – sembra essere stata azionata nel 2007 ed ora, pochi anni dopo, la linea di tendenza delle concentrazioni di metano nell’Artico è diventata allarmente. Ma dovremo aspettare almeno altri due anni per avere una risposta autorevole. In generale, il metano contenuto nei clatrati è sufficiente a superare il potenziale di riscaldamento globale di tutti i combustibili fossili bruciati finora di un fattore fra 4 e 40. L’estremo massimo di questa gamma sembra posizionarci a un buon punto sulla strada di un’atmosfera tipo quella di Venere e le specie che sopravvivono potrebbero essere limitate a batteri termofili esotici, sempre che ce ne siano, e sicuramente non comprenderanno le specie che ci piace mangiare, né nessuno di noi.

Vedere tali numeri ha spinto molti ricercatori a proporre la possibilità di un’estinzione umana a breve termine. Le stima variano, ma, in generale, se la pistola a clatrati ha effettivamente sparato, allora la maggior parte di noi non dovrebbe pianificare di essere ancora qua oltre a circa metà secolo. Ma la cosa divertente è (l’umorismo non è mai di cattivo gusto, a prescindere da quanto sia terribile la situazione) che la maggior parte di noi non dovrebbe pianificare di essere ancora qua in ogni caso. L’attuale popolazione umana sovradimensionata è un prodotto della combustione di combustibili fossili e una volta che sono finiti, la popolazione umana collasserà. Si chiama scomparsa ed è una cosa che accade sempre: una popolazione (diciamo, il lievito in una vaschetta di liquido zuccherino) consuma il proprio cibo e poi scompare. Pochi individui più resistenti persistono e se ci buttate un po’ di zucchero tornano in vita, cominciano a riprodursi e il processo decolla ancora.

Un altro aspetto divertente dell’estinzione a breve termine dell’umanità è che non può mai essere osservabile, perché nessuno scienziato sarà presente ad osservarlo, pertanto è un concetto non scientifico. Siccome non può essere usata per fare scienza, gli scienziati che la buttano là devono puntare ad un effetto emotivo. Ciò è insolito per gli scienziati, che generalmente sono orgogliosi dei essere razionali e preferiscono avere a che fare con l’osservabile e il misurabile. Allora perché gli scienziati inseguirebbero un effetto emotivo? Chiaramente perché percepiscono che si debba fare qualcosa. E percependo che si debba fare qualcosa, devono anche percepire che si possa fare qualcosa. Ma se è così, di cosa si tratta?

Il tentativo di fare lobby nei governi per limitare le emissioni di carbonio è sempre il primo della lista. Non è stato un successo. Come una delle molte ragioni di ciò, considerate i due punti sopra: gli USA sono uno dei più grandi colpevoli quando si tratta di emissioni di carbonio, ma il cadavere in decomposizione del sistema politico americano è incapace di qualsiasi azione costruttiva. E’ troppo occupato a distruggere paesi: Iraq, Libia, Siria, Ucraina…

Seconda in lista è una cosa chiamata geoingegneria. Se non sapete cos’è, non preoccupatevi; è in gran parte un sinonimo di masturbazione mentale. L’idea è che si possano sistemare cose che non si capiscono usando tecnologie che non esistono. Ma data la credenza umana irrazionale secondo cui ogni problema deve avere una soluzione tecnologica, c’è sempre qualche folle disposto a buttarci dei soldi. I tentativi precedenti su questa linea comprendevano l’idea di inseminare gli oceani col ferro per promuovere la crescita del plancton, o di mettere pezzi di stagnola in orbita per riflettere un po’ di luce solare, o dipingere il Sahara di bianco. Sono tutti progetti divertenti a cui pensare. Perché non usare armi nucleari per immettere polvere nell’atmosfera per bloccare un po’ di luce solare? O perché non nuclearizzare qualche vulcano, per ottenere lo stesso effetto? Se questo è politicamente difficile, perché non fare qualcosa di politicamente facile: uno scambio nucleare limitato?Ciò oscurerebbe i cieli, portando a un mini inverno nucleare e ridurrebbe anche la popolazione, che ridurrebbe l’attività industriale. Ci sono armi nucleari sufficienti a mantenere il pianeta freddo per tutto il tempo che serve a tutti noi per morire di avvelenamento da radiazioni. Questa soluzione geoingegneristica, insieme a tutte le altre, è in linea col detto popolare “Se non puoi risolvere un problema, ingrandiscilo”

E quindi mi pare che tutto il parlare di estinzione umana a breve termine sia soltanto uno sbattere le mani emotivo progettato per motivare le persone a provare cose che non funzioneranno. Tuttavia, credo che valga la pena di ponderare l’argomento per una ragione semplice: e se non vogliamo estinguerci? Abbiamo già stabilito che l’estinzione umana (a prescindere da quando si dica che si verifichi) non sarà mai osservabile, perché nessun essere umano sarà in giro ad osservarla. Sappiamo anche che le scomparse di popolazioni avvengono in continuazione, ma non risultano sempre in estinzione. Quindi, chi e più probabile che morirà e chi potrebbe farcela?

Le prime della lista sono le vittime invisibili della guerra. Ormai tante persone hanno visto foto dei mucchi di soldati ucraini morti lasciati a marcire dopo un altro attacco fallito, o i video dei residenti di Donetsk che muoiono sui marciapiedi dopo essere stati colpiti da colpi di artiglieria o di mortaio lanciati dal governo. Ma non sappiamo quanti bambini e donne stanno morendo nei reparti maternità perché il governo ha bombardato cliniche ed ospedali: tali casualità della guerra sono invisibili. Né ci verrà mostrato un video di tutti i pensionati che espirano prematuramente perché non possono più permettersi il cibo, le medicine o il riscaldamento, ma possiamo star sicuri che molti di loro non ci saranno più da qui a un anno. Quando si tratta di guerra, ci sono solo due strategie praticabili: rifiutarsi di prenderne parte e scappare. Infatti, il milione circa di ucraini che ora sono in Russia, o il milione di siriani che non sono più in Siria, sono quelli intelligenti. Sono gli ucraini che sono combattenti volontari gli idioti, quelli che stanno scappando in Russia per strsene fuori dalla guerra sono quelli intelligenti. “Tuttavia, i russi, che si offrono volontari per proteggere la loro terra e le loro famiglie da ciò che equivale ad un’invasione americana, chiaramente non sono degli idioti. Stanno anche vincendo). In questo senso, la guerra è un processo darwiniano, che porta all’estinzione degli stolti.

Il prossimo della lista degli episodi di estinzione da evitare avviene nelle grandi città durante un’ondata di calore. E’ avvenuto in Europa nel 2003 ed ha portato a 70.000 casualità. Nel 2010, un’ondata di calore nella regione di Mosca (che è molto a nord) ha portato a 14.000 morti nella sola Mosca. L’effetto isola di calore urbano, che è causato dalla luce del sole assorbita dalla pavimentazione e dagli edifici, produce temperature locali molto più alte, portandole oltre la soglia del colpo di calore. Mentre l’economia dei combustibili fossili continua a funzionare, le città rimangono vivibili grazie alla disponibilità dell’aria condizionata. Una volta che questa chiude, gli episodi di estinzione da ondata di calore urbana diventeranno diffusi. Visto che il 50% della popolazione vive nelle città, metà della popolazione umana è a rischio di estinzione per colpo di calore. Pertanto, se non vi volete estinguere, non passate l’estate in una città.

La lista di luoghi in cui è meglio che non stiate se volete evitare l’estinzione diventa piuttosto lunga. E’ meglio che non viviate in California, per esempio, o negli stati aridi del sudovest, perché è probabile che siano allagati dagli oceani che salgono (alla fine saliranno di oltre 100 metri, mettendo sott’acqua tutte le città costiere). E’ meglio che non viviate nella metà est del Nord America, perché, paradossalmente, una regione artica drammaticamente più calda provoca l’andamento ondulato del jet stream, producendo inverni sempre più rigidi che, senza combustibili fossili, causeranno morte diffusa a causa dell’esposizione al freddo. Anche adesso, un po’ più di neve, che è probabile che diventi la nuova normalità, ha causato la resa dell’intera infrastruttura dei trasporti del New England (dove, fortunatamente, non mi trovo). Ed è meglio che non viviate nemmeno dove la fonte d’acqua proviene dalla fusione dei ghiacciai, perché i ghiaccia presto non ci saranno più. Questo inclute gran parte del Pakistan, vaste aree dell’India, Bangladesh, Thailandia, Vietnam e così via. L’elenco di posti in cui è meglio non vivere se non ci si vuole estinguere per questa o quella ragione comincia a diventare piuttosto lungo.

Ma tutta le metà settentrionale dell’Eurasia sembra piuttosto bella per i prossimo futuro, quindi se non vi volete estinguere, è meglio che cominciate ad insegnare il Russo ai vostri figli.

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Due gradi di riscaldamento sono più vicini di quanto si potrebbe pensare

DaArctic News”. Traduzione di MR (h/t Michael Mann)

Di David Spratt

Ci sono voluti cento anni di emissioni di gas serra antropogeniche per alzare la temperatura globale di circa un grado Celsius(1°C), quindi un altro grado è ancora lontano. Giusto? E sembra esserci stata una “pausa” del riscaldamento negli ultimi due decenni, quindi per arrivare a 2°C ci vorrà un bel po’ e potremmo avere più tempo di quanto pensassimo. Sì?

Sbagliati entrambi i conti.

Il mondo potrebbe essere più caldo di 2°C in due decenni, secondo l’eminente scienziato del clima statunitense, e autore de “La mazza da hockey”, dottor Michael E. Mann. Scrivendo su Scientific American nel marzo del 2014 (con i conti spiegati qui), Mann dice che in nuovi calcoli “indicano che se il mondo continua a bruciare combustibili fossili al tasso attuale, il riscaldamento globale aumenterà a 2°c entro il 2036” e per evitare quella soglia “le nazioni dovranno mantenere i livelli di biossido di carbonio al di sotto delle 405 ppm”, un livello che abbiamo già quasi raggiunto. Mann dice che l’idea di una “pausa” del riscaldamento è falsa.

Temperatura globale negli ultimi 1000 anni: la “mazza da hockey”. 

Ecco perché i +2°C potrebbero arrivare tra soli 20 anni.

Calore record

Il 2014 è stato l’anno più caldo mai registrato. Le agenzie del governo statunitense NASA e NOAA hanno annunciato il record del 2014 il 16 gennaio, osservando che “i dieci anni più caldi fra le registrazioni strumentali, con l’eccezione del 1998, si sono verificati dal 2000 in poi”.

L’Istituto Goddard per gli Studi Spaziali della NASA (GISS) dice che dal 1880, “La temperatura media di superficie della Terra è aumentata di circa 1,4°F (0,8°C), una tendenza che è in gran parte alimentata dall’aumento di biossido di carbonio (CO2) ed altre emissioni umane nell’atmosfera del pianeta. La maggior parte del riscaldamento si è verificata negli ultimi tre decenni”. Il direttore del GISS Gavin Schmidt dice che questo è “l’ultimo di una serie di anni caldi, in una serie di decenni caldi. Mentre la classifica dei singoli anni può essere condizionata dagli schemi meteorologici caotici, le tendenze a lungo termine sono attribuibili ai motori del cambiamento climatico che ora sono dominati dalle emissioni umane di gas serra”. Il 2014 è stato anche il terzo anno più caldo mai registrato in Australia, secondo il Bureau of Meteorology: “Complessivamente, il 2014 è stato il terzo anno più caldo mai registrato in Australia: la temperatura media annuale è stata di 0,91°C al di sopra della media… Tutti gli stati, eccetto il Territorio Settentrionale, si sono posizionati sul quarto anno più caldo mai registrato”.

Il record del 2014 è stato stabilito in condizioni di ENSO neutre

Le fluttuazioni del ciclo dell’ENSO condizionano le temperature globali, con condizioni di El Niño (una bolla di calore mobile dell’Oceano Pacifico che condiziona gli schemi dei venti e le correnti e riduce le precipitazioni piovose nell’Australia Orientale) che si collegano a temperature globali più alte. L’ex scienziato capo del clima della NASA, il dottor James Hansen e i colleghi osservano che il record della temperatura globale del 2014 “è stato stabilito con un aiuto minimo da parte del ciclo dell’ENSO tropicale e conferma il riscaldamento globale continuo… e con l’aiuto l’aiuto di un El Niño ancora più dolce, il 2015 potrebbe essere significativamente più caldo del 2014”. Ed è probabile che le condizioni di El Niño diventino più frequenti e con più riscaldamento. Lo scorso anno Wenju Cai, un ricercatore climatico per l’Organizzazione per la Ricerca Scientifica e Industriale del Commonwealth dell’Australia (CSIRO), ha avvertito che la frequenza di eventi estremi de El Niño potrebbe raddoppiare col cambiamento climatico, in un saggio che ha presentato “prove di un raddoppio degli eventi in futuro, in risposta al riscaldamento serra”.

Non c’è nessuna “pausa” nel riscaldamento

Pubblicando i dati del cado record del 2014, la NASA ha fatto dei grafici del riscaldamento dal 1970 ed ha dimostrato che non c’è stata nessuna “pausa” o rallentamento del riscaldamento, al contrario delle affermazioni ripetute un milione di volte da parte dell’industria negazionista del riscaldamento. Joe Romm di Climate Progress dice che questo grafico (sotto) mostra che: “L’aumento antropogenico delle temperature dell’aria di superficie non hanno mai avuto una pausa e non hanno mai rallentato significativamente. E ciò significa che è probabile che siamo diretti verso un periodo di rapido riscaldamento della temperatura di superficie”.

Un anno fa, il professor Matthew England dell’Università di NSW ha suggerito che era probabile che le temperature aumentassero rapidamente:
Gli scienziati hanno a lungo sospettato che il riscaldamento supplementare dell’oceano avesse rallentato l’aumento delle temperature media di superficie, ma il meccanismo dietro allo iato è rimasto oscuro… Ma l’assorbimento di calore non è in alcun modo permanente: quando la forza degli alisei torna alla normalità – come avviene inevitabilmente – la nostra ricerca suggerisce che il calore si accumulerà rapidamente nell’atmosfera. Quindi le temperature globali [di superficie] sembrano destinate a salire rapidamente…

Gli oceani si stanno riscaldando molto rapidamente
Di tutto il calore in eccesso intrappolato da livelli più alti di gas serra, più del 90% va nel riscaldamento degli oceani e quindi il contenuto di calore dell’oceano (CCO) è di gran lunga l’indicatore più significativo ed affidabile del riscaldamento globale. Al contrario, solo il 2% va a riscaldare l’atmosfera, quindi piccoli scambi di calore fra oceani e atmosfera (causati da variazioni della superficie del mare, circolazione oceanica e condizioni dei venti) possono avere impatti significativi sulle temperature atmosferiche, ma non su quella dell’oceano. Lo Stato del Clima del NOAA del 2014 riporta:
Durante il 2014, la temperatura media globale di superficie è stata di 1,03°F (0,57°C) al di sopra della media del XX secolo. E’ stata la più alta fra tutti gli anni nelle registrazioni dal 1880 al 2014, superando i record precedenti del 1998 e del 2003 di 0,09°F (0,05°C).


Il tasso di aumento di CCO sembra accelerare, con Romm che osserva che:

… il riscaldamento dell’oceano ha accelerato e l’aumento del livello del mare ha accelerato più di quanto pensavamo e il ghiaccio dell’Artico si è fuso molto più rapidamente di quanto previsto dai modelli, così come hanno fatto le grandi calotte glaciali in Groenlandia e in Antartide. 

E come ci ha detto Matthew England, quando gli alisei tornano alla normalità, parte del calore dell’oceano si accumulerà rapidamente in atmosfera. Potete verificare tutti i grafici del contenuto di calore dell’oceano del NOAA qui.

Le emissioni di gas serra antropogeniche non stanno rallentando

I dati del Global Carbon Project mostrano che le emissioni annuali di biossido di carbonio stanno continuando ad aumentare e che il tasso di aumento dal 2000 è almeno il doppio di quello del decennio 1990-1999. Le emissioni sono previste continuare sull’attuale tendenza di crescita fino al 2020.

Emissioni da combustibili fossili dal 1990 al 2014 e previste fino al 2019

Per riassumere la storia fino a questo punto: il 2014 è stato un anno di caldo record (senza condizioni di El Nino); non c’è stata nessuna pausa del riscaldamento; il contenuto di calore dell’oceano sta salendo ad un tasso in aumento; le emissioni globali annuali di biossido di carbonio continuano ad aumentare e condizioni di El Nino più frequenti e un ritorno ad una forza più normale degli alisei rilasceranno parte del calore dell’oceano nell’atmosfera, quindi è probabile che siamo diretti ad un periodo di rapido riscaldamento della temperatura di superficie. Ma c’è dell’altro.

Una riserva di calore già nel sistema

L’aumento dei livelli di gas serra atmosferici crea uno squilibrio energetico fra la radiazione in ingresso e quella in uscita, che viene risolto da elementi del sistema terrestre (terraferma ed oceani) che assorbono il calore supplementare finché il sistema raggiunge un nuovo equilibrio (equilibrium)  ad una temperatura più alta. Ma quel processo richiede tempo, a causa dell’inerzia termica (come per un forno elettrico: una volta che viene date energia, ci vuole tempo perché si scaldi tutta la struttura, non è istantaneo). Come regola generale, circa un terzo del potenziale di riscaldamento di un aumento di biossido di carbonio in atmosfera si farà sentire subito, un altro terzo impiega circa 30 anni e l’ultimo terzo non viene pienamente percepito per secoli.  Così c’è più calore in arrivo legato al biossido di carbonio già emesso che corrisponde a circa alti 0,6°C di riscaldamento. E siccome il tasso di emissioni sta aumentando, quella cifra sta a sua volta aumentando.

Da questo possiamo concludere che circa 1,5°C di riscaldamento è bloccato nel sistema per gli attuali livelli di CO2, anche se un prelievo su larga scala di carbonio potrebbe ridurre i livelli lentamente su scala decennale. Così come il CO2 che vive a lungo, ci sono altri gas serra con vite più brevi, in particolare metano (tempo di vita circa 10 anni) e ossido di azoto (tempo di vita circa 100 anni). Siccome le emissioni di questi gas stanno a loro volta continuando senza sosta, anche loro contribuiscono all’aumento delle temperature su scala decennale. Infatti, l’attuale livello di gas serra, se mantenuto, è già più che sufficiente a produrre i 2°C di riscaldamento nel tempo: nel 2008 due scienziati, Ramanathan e Feng, in Riguardo all’evitare un’interferenza antropogenica col sistema climatico: di fronte a sfide formidabili hanno scoperto che se i gas serra fossero mantenuti ai loro livelli del 2005, il riscaldamento dedotto è di 2,4°C (gamma da 1,4 a 4,3°C). Gli attuali livelli di gas serra sono di circa 400 ppm di CO2 e 470 ppm di CO2 equivalenti (CO2e) quando vengono inclusi altri gas serra L’ultima volta che i livelli di CO2 sono stati alti quanto oggi, gli esseri umani non esistevano e negli ultimi 20 milioni di anni tali livelli sono associati a grandi transizioni climatiche. Tripati, Roberts et al. hanno scoperto che è probabile che avvengano grandi cambiamenti in elementi significativi del sistema climatico come le calotte glaciali, i livelli del mare e le riserve di carbonio con l’attuale livello di CO2:

Durante l’optimum climatico del medio Miocene [da 16 a 14milioni di anni fa] i livelli di CO2 erano simili ad oggi, ma le temperature erano circa da 3 a 6°C più alte e i livelli del mare da 25 a 40 metri più alti di oggi… Quando i livelli di CO2 sono stati simili l’ultima volta a valori moderni (maggiori di 350-400 ppm), c’era poco ghiaccio sulla terrestre o ghiaccio marino nell’Artico ed una massa di ghiaccio di tipo marino sull’Antartide non era praticabile…

Ma rimane la domanda di quanto rapidamente avverrà questo riscaldamento e per questo dobbiamo guardare due ulteriori fattori: la sensitività climatica e il ruolo degli aerosol.

Sensitività climatica

La misura di quanto riscaldamento avviene per un aumento di gas serra è conosciuta come sesitività climatica e viene espressa come l’aumento di temperatura che risulta da un raddoppio dei livelli di gas serra. Come spiega Michael E. Mann:

Anche se la terra ha vissuto un riscaldamento eccezionale durante il secolo scorso, per stimare quanto se ne verificherà ancora dobbiamo sapere come la temperatura risponderà all’aumento antropogenico in corso dei gas serra atmosferici, principalmente biossido di carbonio. Gli scienziati chiamano questa reattività “sensitività climatica di equilibrio” (SCE) La SCE è una misura comune degli effetti di riscaldamento dei gas serra. Rappresenta il riscaldamento sulla superficie terrestre previsto dopo che la concentrazione di CO2 in atmosfera raddoppia ed il clima si stabilizza successivamente. (raggiunge un equilibrio)… Più sensitiva è l’atmosfera ad un aumento di CO2, più alta è la SCE e più velocemente aumenterà la temperatura. La SCE è un’abbreviazione per la quantità di riscaldamento atteso, dato un particolare scenario di emissioni da combustibili fossili. 

Come detto in precedenza qui, alcuni elementi del sistema climatico rispondono rapidamente al cambiamento di temperatura, compresa la quantità di vapore acqueo nell’aria e quindi il livello di copertura nuvolosa, i cambiamenti del livello del mare dovuti al cambiamento della temperatura dell’oceano e l’estensione del ghiaccio marino che galleggia nell’oceano nelle regioni polari. Questi cambiamenti modificano (aumentano) il cambiamento di temperatura e sono conosciuti per essere delle retroazioni a breve termine o “veloci” ed è su questa base che la SCE (a breve termine) è ben definita essere di circa 3°C per un raddoppio dei livelli di gas serra (vedete per esempio Sensitività climatica, livello del mare e biossido di carbonio atmosferico). Ma ci sono anche retroazioni a più lungo termine o “lente”, che generalmente impiegano molto di più (da secoli a millenni) per verificarsi. Queste comprendono i cambiamenti delle grandi calotte glaciali polari sulla terraferma, nel ciclo del carbonio (mutata efficienza dei pozzi di carbonio come il permafrost e gli stoccaggi di clatrati di metano, così come gli stoccaggi della biosfera come torbiere e foreste) e della copertura della vegetazione e della riflettività (albedo). Quando si tiene conto di queste retroazioni, la sensitività è significativamente maggiore a 4,5°C o più, a seconda dello stato dei poli e degli stoccaggi di carbonio. Cosa importante, il tasso di cambiamento al momento è così rapido che alcune di queste retroazioni a lungo termine vengono innescate ora su tempi di breve termine (vedete Bilanci del carbonio, sensitività climatica e il mito del “Carbonio bruciabile”).

Mann dice che l’incertezza sulla SCE può emergere da domande sul ruolo delle nuvole e del vapore acqueo, con l’ultimo rapporto dell’IPCC che da semplicemente una gamma di 1,5-4,5°C ma non una cifra “best-fit”. I fattori come i tassi di cambiamento del flusso di calore fra oceani ed atmosfera (compresi i cicli di El Niño/La Niña) e le eruzioni vulcaniche, possono offuscare il quadro a breve termine, così come il focus sull’inesistente “pausa”. Cosa accadrebbe se la SCE è un po’ più bassa del valore del “best-fit” di 3°C di riscaldamento per il raddoppio dei livelli di gas serra? Mann spiega:

Di recente ho calcolato le temperature future ipotetiche inserendo diversi valori di SCE in un cosiddetto modello di equilibrio, che gli scienziati usano per investigare possibili scenari climatici. Il modello computerizzato determina come la temperatura media di superficie risponde al cambiamento dei fattori naturali, come i vulcani e il sole, e ai fattori umani – gas serra, aerosol inquinanti e così via. (Anche se i modelli climatici sono criticati, riflettono la nostra migliore capacità di descrivere il funzionamento dei sistemi climatici, sulla base della fisica, della chimica e della biologia. Ed hanno un curriculum provato: per esempio, il riscaldamento reale degli ultimi anni è stato previsto con precisione dai modelli decenni fa). 

Poi ho istruito il modello per proiettare in avanti nell’ipotesi di emissioni di gas serra business as usual. Ho fatto girare il modello più volte, con valori di SCE che andavano dal limite minimo di 1,5°C al valore massimo di 4,5° dell’IPCC. Le curve di una ECS di 2,5 e 3°C si adattavano alle lettura strumentali più da vicino. Le curve di una ECS sostanzialmente più bassa non si adattavano affatto alle letture strumentali, rinforzando l’idea che non siano realistiche. 

Con mio grande stupore, ho scoperto che per una SCE di 3°C, il nostro pianeta supererebbe la soglia pericolosa di riscaldamento di 2°C nel 2036, solo fra 22 anni. Quando ho considerato il valore più basso di SCE di 2,5°C, il mondo avrebbe superato la soglia nel 2046, solo 10 anni più tardi. 

Ecco come viene reso sul grafico:

Il grafico di Michael E. Mann della temperatura futura per diverse sensitività climatiche
Mann conclude che “anche se accettiamo un valore di SCE più basso, difficilmente segnala la fine del riscaldamento globale o anche una pausa. Piuttosto ci fa semplicemente guadagnare un po’ di tempo – potenzialmente tempo prezioso – per evitare che il nostro pianeta attraversi la soglia”. Come ho ripetutamente spiegato, compreso in Pericoloso riscaldamento del clima: mito e realtà, 2°C è ben lontano dall’essere un livello di sicurezza del riscaldamento. Infatti, un punto forte è costituito dal fatto che il cambiamento climatico è già pericoloso a meno di 1°C di riscaldamento e, nell’analisi di James Hansen, “gli obbiettivi di limitare il riscaldamento antropogenico a 2°C e il CO2 a 450 ppm sono prescrizioni per il disastro” perché i punti di non ritorno significativi – dove elementi significativi del sistema climatico si spostano da uno stato discreto ad un altro – verranno superati.
Il patto faustiano degli aerosol
Mann ha anche indicato quali livelli di CO2 sarebbero coerenti coi 2°C di riscaldamento: 
Queste scoperte hanno implicazioni per quanto riguarda quello che noi tutti dobbiamo fare per impedire il disastro. Una SCE di 3°C significa che se dobbiamo limitare il riscaldamento globale a 2°C per sempre, dobbiamo mantenere le concentrazioni di CO2 ben al di sotto del doppio dei livelli preindustriali, più vicini alle 450 ppm. Ironicamente, se il mondo brucia significativamente meno carbone, questo diminuirebbe le emissioni ma ridurrebbe anche gli aerosol nell’atmosfera che bloccano il sole (come i particolati di zolfo), quindi dovremmo limitare il CO2 al di sotto delle 405 ppm
La questione degli aerosol è centrale ma spesso non ben compresa. Le attività umane influenzano l’effetto serra anche rilasciando sostanze non gassose come gli aerosol (piccole particelle) nell’atmosfera. Gli aerosol comprendono fuliggine di carbone, carbone organico, solfati, nitrati, così  come polvere da fumo, produzione, tempeste di vento ed altre fonti. Gli aerosol hanno un effetto raffreddante perché riducono la quantità di luce solare che raggiunge la superficie ed aumentano la copertura nuvolosa. Questo effetto viene comunemente chiamato “attenuazione globale”, perché l’impatto generale degli aerosol è quello di ridurre, o attenuare, la radiazione solare, mascherando così parte dell’effetto dell’aumento dei livelli di gas serra. Questo conforta poco, tuttavia, perché gli aerosol durano solo 10 giorni circa prima di essere dilavati dall’atmosfera dalla pioggia, quindi dobbiamo continuare a metterne sempre di più nell’aria per mantenere l’effetto raffreddante temporaneo. Sfortunatamente, la principale fonte di aerosol è la combustione di combustibili fossili, che causa un aumento dei livelli di CO2 e il riscaldamento globale che dura diversi secoli. Il dilemma è che se si tagliano gli aerosol, il globo avrà un impulso di riscaldamento men mano che si perde il loro effetto di attenuazione. Ma se si continua a immettere aerosol insieme al CO2 nell’aria, si cuoce il pianeta anche di più sul lungo periodo. Un  patto faustiano. 
C’è stato un tentativo di ridurre le emissioni di alcuni aerosol perché causano piogge acide e altre forme di inquinamento. Tuttavia, sul breve termine, questo riscalda l’aria così come la rende più pulita. Come osserva Mann sopra, le probabili riduzioni di combustione di carbone nei prossimi decenni ridurranno i livelli di aerosol e aumenteranno il riscaldamento. Alcune ricerche recenti suggeriscono che il raffreddamento degli aerosol è nella gamma fra 0,5 e 1,2°C sul lungo periodo: 
  • Leon Rotstayn in La Conversazione spiega che “i risultati della modellazione climatica di CSIRO suggeriscono che l’effetto di riscaldamento supplementare da parte di un declino degli aerosol potrebbe essere di circa 1°C per la fine del secolo”.
  • L’effetto raffreddante degli aerosol attuali verrà fortemente ridotto entro il 2030 man mano che verranno implementati controlli più stringenti sull’inquinamento dell’aria in Europa e nel mondo e man mano che le tecnologie ambientali avanzate entrano in funzione. Si prevede che queste azioni aumentino la temperatura globale di 1°C e le temperature sull’Europa fino a 2-4°C, a seconda della gravità dell’azione. Questo è uno dei risultati principali della ricerca del progetto Europeo integrato sulla Interazione Nuvole Clima e Qualità dell’Aria. 
  • Nel 2011, il capo della scienza del clima della NASA  James Hansen e i suoi coautori hanno avvertito che l’impatto raffreddante degli aerosol sembra siano stati sottostimati in molti modelli climatici e ha dedotto che “Oggi si deduce che la forzante climatica degli aerosol sia −1.6±0.3Wm−2”, che equivale ad un rafreddamento di circa 1,2°C. In quel caso, hanno scritto, “l’umanità ha fatto con sé stessa un patto faustiano più pericoloso di quanto si suppone comunemente”. 
Conclusione
L’analisi di Michael E. Mann fa riflettere, specialmente quando si tiene conto degli aerosol. Il mondo sta già raggiungendo le 400 ppm di CO2 (la media giornaliera all stazione di misurazione di Mauna Loa ha superato per la prima volta i 400 ppm il 10 maggio 2013 ed attualmente sta salendo ad un tasso di circa 2 ppm all’anno ed è in accelerazione), quindi il messaggio è molto chiaro che oggi abbiamo circostanze che ci possono guidare ad un riscaldamento di 2°C e che le emissioni da adesso in poi si aggiungono al riscaldamento al di sopra dei 2°C e verso i 3°C o più. Ciò rinforza la mia conclusione dello scorso anno secondo cui non rimane alcun bilancio del carbonio per i 2°C di riscaldamento e le affermazioni contrarie sono una pericolosa illusione. 
Mann conclude in termini non dissimili
La conclusione che limitare il CO2 al di sotto delle 450 ppm impedirà un riscaldamento oltre i 2°C è basata su una definizione conservativa della sensitività climatica che considera solo le cosiddette retroazioni rapide nel sistema climatico, come i cambiamenti di nuvole, vapore acqueo e fusione del ghiaccio marino. Alcuni scienziati del clima, compreso James E. Hansen… dicono che dobbiamo considerare anche anche le retroazioni più lente come i cambiamenti delle calotte glaciali continentali. Quando vengono tenute in considerazione anche queste, sostengono Hansen ed altri, dobbiamo tornare al livello di CO2 più basso che c’era a metà del XX secolo – circa 350 ppm. Ciò richiederebbe uno spiegamento diffuso di costosa tecnologia di “cattura dell’aria” che  rimuove attivamente il CO2 dall’atmosfera. 

Inoltre, l’idea che 2°C di riscaldamento sia un limite “sicuro” è soggettiva. E’ basata su quando gran parte del globo sarà esposta a cambiamenti climatici potenzialmente irreversibili. Eppure il cambiamento distruttivo è già arrivato in alcune regioni. Nell’Artico, la perdita di ghiaccio marino e lo scongelamento del permafrost stanno seminando distruzione sui popoli indigeni e sugli ecosistemi. Nella nazioni di isole a bassa altitudine, la terra e l’acqua dolce stanno scomparendo a causa dell’aumento dei livelli del mare e dell’erosione. Per queste ragioni, l’attuale riscaldamento e quello ulteriore (almeno 0,5°C) garantito dal CO2 già emesso, costituisce un cambiamento climatico dannoso già oggi. 

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Grafici che mostrano il legame a lungo termine fra PIL ed energia (Seconda parte di Una nuova teoria di energia ed economia)

Da “Our Finite World”. Traduzione di MR

Di Gail Tverberg

Nella prima parte di questa serie, ho parlato del perché i combustibili fossili a buon mercato agiscano per la creazione di crescita economica. In questo post, vedremo alcuni dati di sostegno che ci mostrano come funziona questa connessione. I dati riguardano un periodo di tempo molto lungo, alcuni dei quali risalgono al all’anno 1 dell’era cristiana. Sappiamo che c’è uno stretto collegamento fra l’uso di energia (e di fatto dell’uso di petrolio) e la crescita economica negli ultimi anni.

Figura 1. Confronto di una crescita media di tre anni del PIL reale del mondo (basata sui valori della USDA in dollari del 2005) e l’offerta di petrolio e di energia. L’offerta di petrolio e di energia provengono dalla Revisione Statistica dell’Energia Mondiale della BP del 2014. 

In Questo post vedremo come sia stato stretto il legame, risalendo fino all’anno 1 dell’era cristiana. Vedremo anche che le economia che possono potenziare la proprie energia umana con energia supplementare economica ottengono un vantaggio sulle altre economie. Se l’energia diventa un costo alto, vedremo che i paesi perdono il loro vantaggio sugli altri paesi e i loro tassi di crescita economica rallentano.


Un breve riassunto del mio punto di vista discusso nella prima parte che riguarda il modo in cui l’energia a buon mercato creai crescita economica è il seguente:

L’economia è un sistema in rete. Con combustibili fossili a buon mercato, è possibile potenziare l’energia costosa che gli esseri umani possono creare mangiando cibo (esempi: capacità di scavare canali, risolvere problemi matematici), quindi di produrre più beni e servizi con lo stesso numero di lavoratori. I lavoratori hanno salari che arrivano più lontano, permettendo loro di comprare più beni in aggiunta a quelli che sarebbero stati comunque comprati. 

La crescita dell’economia proviene da ciò che chiamerei accessibilità in aumento ai beni. Gli economisti chiamerebbero questa accessibilità in aumento domanda in aumento. La situazione potrebbe anche essere considerata un aumento di produttività dei lavoratori, perché le normali capacità dei lavoratori vengono potenziate grazie agli strumenti addizionali resi possibili dai prodotti energetici a buon mercato. 

Così, se vogliamo mantenere in funzione l’economia, ci serve una fornitura sempre in aumento di prodotti energetici a buon mercato del tipo appropriato per l’infrastruttura. Il problema che stiamo incontrando ora è che ciò non sta accadendo – potrebbe essere disponibile più offerta di energia, ma è costosa da produrre. La nostra economia in rete manda indietro strani segnali – cioè domanda inadeguata e prezzi bassi – quando il costo dei prodotti energetici è troppo alto in rapporto ai salari. Questi prezzi bassi sono anche un segnale del fatto che stiamo raggiungendo altri limiti dell’economia in rete, come il troppo debito e tasse che sono troppo alte per i lavoratori.

Guardando dati molto vecchi – Anno 1 dell’era cristiana

Sono disponibili alcuni dati molto vecchi. L’economista britannico Angus Maddison ha fatto delle stime di PIL e popolazione per date diverse fra l’anno 1 dell’era cristiana a il 2008, per singoli paesi e per il mondo in totale. Il ricercatore in materia energetica canadese Vaclav Smil da delle stime di consumo storico che risalgono fino al 1800 nel suo libro Transizioni Energetiche – Storia, Requisiti e Prospettive. Se guardiamo l’aumento medio annuale del PIL risalendo fino all’anno uno dell’era cristiana, sembra che il tasso di crescita annuale in PIL al netto dell’inflazione abbia raggiunto il picco nel periodo dagli anni 40 agli anni 70 del 1900 ed è diminuito da allora. Così, la tendenza al ribasso a lungo termine della crescita del PIL mondiale è durata almeno 44 anni a questo punto.

Figura 2. Aumento annuale medio del PIL al netto dell’inflazione sulla base del lavoro di Angus Maddison fino al 2000. Per il rapporto popolazione/PIL reale nel periodo 2000-2014 sono state usate le cifre della USDA. 

Una breve sinossi di cos’è successo nei periodi precedenti è la seguente:
Dall’anno 1 al 1000 – Collasso di diverse grandi civiltà, compreso l’Impero Romano. Il metallo veniva forgiato usando carbone di legna, ma questo ha portato alla deforestazione e all’erosione del suolo. L’Egitto e il Medio Oriente avevano colture irrigate estese usando acqua di fiume. In parte commerciate in nave. Gran parte della popolazione ra composta di agricoltori.

  • Dal 1000 al 1500 – Uso primitivo dei torba come energia di riscaldamento per l’industrializzazione, in particolare in Olanda, che ha portato ad un aumento del commercio. Uso continuo di legna nei paesi freddi, con problemi di deforestazione.
  • Dal 1500 al 1820 – Espansione dell’impero europeo nel Nuovo Mondo e Colonie in Africa, che hanno permesso alla popolazione di crescere. La Gran Bretagna ha iniziato ad usare il carbone. L’Olanda ha aggiunto l’uso dei mulini a vento ad un maggiore uso della torba.
  • Dal 1820 al 1900 – Il carbone ha permesso di forgiare i metalli più economicamente. Parti del lavoro agricolo hanno potuto essere trasferite ai cavalli con un maggiore uso di strumenti di metallo. Il carbone ha permesso molti tipi di nuove tecnologie comprese le dighe idroelettriche, i treni e i battelli a vapore. 
  • Dal 1900 al 1940 – Espansione dell’uso del carbone, con l’inizio dell’uso del petrolio come combustibile per il trasporto. La depressione è stata durante questo periodo.
  • Dal 1940 al 1970 – La ricostruzione del dopoguerra dell’Europa e del Giappone e il boom di nascite negli Stati Uniti ha portato ad un uso enormemente allargato dei combustibili fossili. E’ iniziato l’uso di antibiotici, le pillole anticoncezionali sono divenute disponibili. La produzione di cibo si è fortemente allargata coi fertilizzanti, l’irrigazione e i pesticidi. 
  • Dal 1970 al 2000 – Il 1970 è stato l’inizio del grande momento “oh oh”, quando la produzione petrolifera statunitense ha cominciato a declinare e i prezzi del petrolio si sono impennati. Ciò ha scatenato una grande spinta verso l’efficienza (auto più piccole, minor consumi) e passaggi ad altri combustibili, compreso il nucleare. 
  • Dal 2000 al 2014 – Un altro grande momento “oh oh”, man mano che i prezzi del petrolio sono schizzati verso l’alto, quando il petrolio del Mare del Nord e del Messico ha iniziato a declinare. Maggiore delocalizzazione della produzione in paesi in cui la produzione era più economica. Enormi problemi finanziari nel 2008, ma del tutto risolti. 

La crescita del PIL nella Figura 2 segue generalmente lo schema atteso: se i combustibili fossili e i loro predecessori hanno aumentato il PIL, i grandi momenti “oh oh” durante i periodi 1970-2000 e 2000-2014 hanno ridotto la crescita economica.

Crescita della popolazione e dello standard di vita

La crescita del PIL è composta da due diversi tipi di crescita: (1) popolazione e (2) aumento degli standard di vita (o crescita del PIL pro capite). Possiamo guardare separatamente questi due tipi di crescita, usando i dati di Maddison. La mia precedente discussione sul fatto che l’energia a buon mercato abbia un impatto favorevole sulla quantità di beni che un’economia può creare si collega principalmente con il secondo tipo di crescita (aumento dello standard di vita). Ci sarebbe una coda anche per la crescita della popolazione, perché i genitori che hanno risorse più adeguate possono permettersi più figli. Se confrontiamo gli andamenti di crescita della popolazione nella Figura 3 col totale degli andamenti di crescita del PIL mostrati nella figura 2, osserviamo alcune differenze. Una di queste differenze è il minor tasso di disoccupazione nel periodo 2000-2014. In confronto al periodo precedente ai combustibili fossili (in generale prima del 1820), il tasso di crescita della popolazione è ancora estremamente elevato.

Figura 3. Aumento medio annuale della popolazione mondiale, basato sui dati di Angus Maddison fino al 2000;Per il periodo 2000-2014 sono state usate le cifre della USDA .

I Se guardiamo la crescita del PIL mondiale pro capite per periodo di tempo (Figura 4), non vediamo praticamente alcuna crescita fino al periodo dei combustibili fossili – in altre parole, dal 1820 in poi.

Figura 4. Aumento annuale del PIL pro capite basato sul lavoro di Angus Maddison fino al 2000; Per il rapporto popolazione/PIL reale nel periodo 2000-2014 sono state usate le cifre della USDA.

In altre parole, in questi periodi precedenti le civiltà erano spesso in grado di costruire imperi. Fare ciò sembra aver favorito una popolazione maggiore e la costruzione di più città, ma non ha aumentato lo standard di vita di molto. Se guardiamo ai primi periodi, (dall’anno 1 al 1000; dal 1000 al 1500 e anche gran parte dei luoghi nel periodo 1500-1820), la media dei redditi sembra essere stata equivalente a circa 1 o 2 dollari al giorno, di oggi. Ho mostrato precedentemente come il consumo mondiale pro capite è cresciuto dal 1820, sulla base del lavoro di Vaclav Smil (Figura 5).

Figura 5. Consumo energetico mondiale per fonte, sulla base delle stime di Transizioni Energetiche – Storia, Requisiti e Prospettive di Vaclav Smil insieme ai dati statistici dell BP del 1965 e degli anni successivi divisi per le stime della popolazione di Angus Maddison.

E’ chiaro dalla Figura 5 che l’aumento più grande del consumo di energia è arrivato nel periodo dal 1940 al 1970. Una cosa che colpisce è che la popolazione mondiale ha avuto una svolta decisa verso l’alto allo stesso tempo in cui si è aggiunto un maggiore uso di combustibile fossile (Figura 6).

Figura 6. Crescita della popolazione mondiale, sulla base dei dati di Angus Maddison.

Mentre questo aumento di popolazione vale per il mondo in totale, analizzando la crescita della popolazione paese o per raggruppamenti di paesi porta risultati molto irregolari. Ciò vale fino a risalire all’anno 1. Se guardiamo le percentuali della popolazione mondiale in diversi momenti dei paesi e dei gruppi di paesi scelti, abbiamo la distribuzione mostrata nella figura 7. (L’elenco di paesi mostrata non è esaustiva).

Figura 7. Percentuali della popolazione mondiale dall’anno 1 al 2014, basate principalmente sulle stime di Angus Maddison.

Parte di ciò che accade è che i collassi economici (o le carestie o le epidemie) riportano la popolazione indietro di quantità molto significative in aree locali. Per esempio, Maddizon mostra che la popolazione dell’Italia consiste di 8.000.000 di persone nell’anno 1, ma di soli 5.000.000 nell’anno 1000, centinaia di anni dopo la caduta dell’Impero Romano.

Il PIL pro capite dell’Italia è sceso della metà in quel periodo, da circa il doppio di quello di gran parte degli altri paesi a circa l’equivalente di quello degli altri paesi. Così, i salari potrebbero essere scesi dall’equivalente di 3 dollari al giorno all’equivalente di 1,5 dollari al giorno. Nessuna delle economie si trovava ad un livello molto alto, per cui gran parte dei lavoratori, se sopravvivevano al collasso, potevano trovare lavoro nello loro stessa occupazione (in generale agricoltura), se potevano trovare un altro gruppo che fornisse protezione dagli attacchi da parte di estranei.

Se guardiamo la stessa tendenza della popolazione mostrata nella Figura 7, vediamo che le aree semi aride e temperate sembravano prevalere in quanto a popolazione nell’anno 1. Quando sono stati aggiunti torba e combustibili fossili, la popolazione di alcune delle aree più fredde del mondo è potuta crescere. Queste aree più fredde hanno “raggiunto il limite” della popolazione in fretta, quindi la crescita della popolazione ha dovuto rallentare fortemente o fermarsi. L’alternativa alla crescita della popolazione era l’immigrazione, con il “Nuovo Mondo” in crescita nella sua percentuale di popolazione mondiale e il “Vecchio Mondo” in contrazione.

Ogni parte del mondo ha le sue sfide, dai problemi dell’Africa con le malattie tropicali alle difficoltà del Medio Oriente con l’acqua. Nella misura in cui si possono trovare dei modi di aggirarle, la popolazione si può espandere. Se il modo di aggirarle è economico (immunizzazione da una malattia tropicale, per esempio), la popolazione potrebbe essere in grado di espandersi con solo una piccola quantità di consumo energetico aggiuntivo.

Un punto che molte persone non comprendono è che la bassa crescita del PIL del Giappone negli ultimi anni è in misura significativa il risultato di una bassa crescita della popolazione. Nelle cifre del PIL pubblicate che vediamo, non si fa alcuna distinzione nello standard di vita (cioè, del PIL pro capite).

Crescita del PIL pro capite nella “Economie avanzate”

Come osservato sopra, il grande aumento dell’uso pro capite di energia mostrato nella Figura 5 è arrivato nel periodo dal 1940 al 1970. Non è disponibile nessuna suddivisione per paese, ma questo periodo comprende il periodo di ricostruzione dopo la Seconda Guerra Mondiale in Europa e Giappone e il periodo con con un enorme aumento del debito al consumo negli Stati Uniti. Così, dovremmo aspettarci che quei paesi/gruppi ne beneficino in maniera sproporzionata. Infatti, vediamo aumento molto forti nel PIL pro capite di questi paesi, ma mano che si sono aggiunti i combustibili fossili, in particolare il petrolio.


Figura 8. Aumento medio del PIL pro capite di Stati Uniti, Europa Occidentale e Giappone sulla base del lavoro di Angus Maddison per il 2000 e in precedenza e e i dati USDA di PIL reale e popolazione successivi a quella data. 
Queste tre economie (Europa Occidentale, Stati Uniti e Giappone) sono tutte grandi utilizzatrici di petrolio. Se guardiamo la produzione di petrolio a lungo termine in confronto al prezzo (Figura 9), vediamo che la crescita del consumo è cresciuta rapidamente fino a circa il 1970.
Figura 9. Consumo di petrolio mondiale rispetto al prezzo sulla base dei dati della Revisione dell’Energia Mondiale della BP successivi al 1965 e sui dati di Vaclav Smil antecedenti al 1965. 
Infatti, se calcoliamo l’aumento medio annuale di consumo di petrolio nei periodi della nostra analisi, troviamo che sono:
  • Dal 1900 al 1940 – 6.9% all’anno
  • Dal 1940 al 1970 – 7.6% all’anno
  • Dal 1970 al 2000 – 1.5% all’anno
  • Dal 2000 al 2013 – 1.1% all’anno
La crescita della produzione di petrolio si è “scontrata con un muro” nel 1970, quando la produzione di petrolio statunitense ha inaspettatamente smesso di crescere ed ha cominciato a declinare. (In realtà, questo schema è stato previsto da M. King Hubbert e da altri). I prezzi del petrolio si sono brevemente innalzati subito dopo. La situazione è stata più o meno risolta facendo diversi cambiamenti nell’economia (passando dal petrolio ad altre fonti per la produzione di elettricità dove possibile; costruendo veicoli più piccoli e più efficienti nei consumi), così come ampliando la produzione di petrolio in luoghi come il Mare del Nord, l’Alaska e il Messico. I prezzi del petrolio sono stati riportati giù, ma non al livello di 20 dollari al barile che c’era prima del 1970. Gran parte delle infrastrutture (strade, oleodotti, linee di trasmissione elettrica, scuole) negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone sono state costruite col petrolio a un livello di 20 dollari al barile. Cambiare verso un livello di prezzo più alto è molto difficile, perché i costi di riparazione sono molto più alti e perché un’economia che usa un petrolio molto costoso nel suo mix energetico non è competitiva con quella dei paesi che usano un mix di combustibili più economico. 
Figura 10. Percentuale di consumo di energia da petrolio per paesi/gruppi scelti basata sui dati della Revisione Statistica dell’Energia Mondiale della BP del 2014.
Nel periodo 2007-2008, i prezzi del petrolio sono di nuovo cresciuti portando ad una grande recessione, specialmente fra i paesi che usavano molto petrolio nel loro mix energetico. Con questi prezzi più alti, l’impatto di potenziamento del petrolio nell’abbassare il costo dell’energia umana stava scomparendo. Tutti i PIIGS (i paesi con problemi finanziari particolarmente gravi durante la crisi del 2008) avevano concentrazioni di petrolio molto alte, prossimi a quelli della Grecia nel grafico sopra. Il consumo di petrolio del Giappone era a sua volta molto alto, come percentuale del suo uso di energia. Quando abbiamo guardato l’impatto della recessione, i paesi con la percentuale più alta di uso del petrolio nel 2004 avevano i peggiori tassi di crescita nel periodo dal 2005 al 2011.
Figura 11. Crescita media percentuale in PIL reale fra il 2005 e il 2011 dei gruppi scelti, sulla base dei dati del PIL USDA in dollari del 2005. 
Tornando alla Figura 9, dopo la crisi finanziaria del 2008 i prezzi del petrolio sono rimasti bassi finché gli Stati Uniti non hanno cominciato il loro programma di Quantitative Easing (QE) per aiutare a mantenere molto bassi i tassi di interesse e fornire liquidità extra. I prezzi del petrolio hanno immediatamente ricominciato a salire, giungendo al livello di 100 dollari al barile e rimanendo più o meno a quel livello fino al 2014. La combinazione di tassi di interesse bassi e prezzi alti ha incoraggiato la produzione di petrolio dalle formazioni di scisto, aiutando a mantenere in crescita la produzione mondiale di petrolio, nonostante una diminuzione della produzione nel Mare del Nord, in Alaska e in Messico. Così, per un po’, il conflitto fra prezzi alti e capacità delle economie di pagare questi prezzi alti è stata risolta in favore dei prezzi alti. 
Gli alti prezzi del petrolio – intorno ai 100 dollari al barile – sono andati avanti finché il QE degli Stati Uniti non si è assottigliato e si è fermato nel 2014. Quasi allo stesso tempo, la Cina ha fatto dei cambiamenti che hanno reso più difficile ottenere il debito. Entrambi questi fattori, così come l’impatto negativo a lungo termine dei prezzi del petrolio a 100 dollari al barile sull’economia, hanno fatto scendere il prezzo del petrolio ai livelli attuali, cioè circa a 50 dollari al barile (Figura 10). Il prezzo di 50 dollari al barile è ancora molto alto in confronto al costo del petrolio quando è stata costruita l’infrastruttura, ma basso in confronto all’attuale costo di produzione del petrolio.
Figura 12. Offerta mondiale di petrolio (produzione che include biocombustibili e liquidi del gas naturale) e prezzo spot medio mensile del Brent, sulla base dei dati EIA. 
Se si torna a guardare la Figura 9, è chiaro che gli alti prezzi del petrolio hanno abbassato il consumo di petrolio nei primi anni 80, e ancora in un periodo molto breve alla fine del 2008-inizio del 2009. Ma dal 2009, il consumo di petrolio ha continuato a salire, grazie agli alti prezzi e al petrolio supplementare dello scisto statunitense. I prezzi bassi che troviamo ora sono un messaggio dall’economia in rete che ci dice: “No, l’economia in realtà non si può permettere il petrolio a questo livello di prezzo. Per un po’ sembrava di sì, grazie a tutta la manipolazione finanziaria, ma non è proprio così”. Nel frattempo, vediamo nella Figura 8 che la combinazione di crescita pro capite del PIL di UE, USA e Giappone è stata molto bassa nel periodo che inizia dal 2000, riflettendo l’influenza degli alti prezzi del petrolio su queste economie.
Crescita in PIL pro capite di altre economie scelte
Negli ultimi anni, la crescita del PIL pro capite si è spostata drammaticamente. La Figure 13 sotto mostra gli aumenti del PIL pro capite in diverse aree scelte del mondo.
Figura 13. Crescita media in PIL pro capite di economie scelte, sulla base del lavoro di Angus Maddison dall’anno 1 al 2000 e sulle cifre del PIL reale del USDA in dollari del 2010 dal 2000 al 2014.
L’economia “di spicco” nella recente crescita del PIL pro capite è la Cina. La Cina si è unita alla World Trade Organization nel dicembre 2001. Da allora, il suo uso del carbone, e l’uso di energia in generale, è aumentato. 
Figura 14. Consumo di energia della Cina per fonte, sulla base dei dati della Revisione Statistica dell’Energia Mondiale della BP.
Se calcoliamo la crescita del consumo di energia della Cina nei periodi che stiamo osservando, scopriamo i seguenti tassi di crescita: 
  • Dal 1970 al 2000 – 5.4% all’anno
  • Dal 2000 al 2013 – 8.6% all’anno
Una grande preoccupazione ora è che il tasso di crescita della Cina sta rallentando, in parte a causa dei controlli sul debito. Altri fattori del rallentamento comprendono l’impatto che l’inquinamento sta avendo sul popolo cinese, il rallentamento delle economie europea e giapponese e il fatto che il mercato cinese di condomini e fabbriche sta diventando rapidamente “saturo”. Ci sono stati rapporti recenti secondo i quali la percentuale di fabbriche dell’economia cinese ora potrebbe essere in contrazione. Inoltre, ci sono rapporti secondo i quali il consumo cinese di carbone è diminuito nel 2014. Questo è un grafico di un analista che mostra la recente ed apparente diminuzione del consumo di carbone. 
Figura 15. Grafico di Lauri Myllyvirta che mostra una stima preliminare del consumo di carbone della Cina nel 2014. 
Dove va l’economia mondiale da qui?
Nella prima parte ho descritto l’economia mondiale come un’economia basata sull’energia. La progettazione del sistema è tale che l’economia può solo crescere; la contrazione tende a causare il collasso. Se il mio punto di vista sulla situazione è corretto, allora ci serve una quantità sempre maggiore di energia economica per mantenere in piedi il sistema. Siamo passati dal cercare di far crescere l’economia mondiale col petrolio al cercare di farlo col carbone. Entrambi questi approcci hanno “sbattuto contro il muro”. Ci sono paesi a basso reddito che potrebbero aumentare la produzione industriale, come in Africa, ma a loro manca il carbone o altri combustibili fossili economici per alimentare la loro produzione. Ora praticamente non possiamo più andare da nessuna parte. Il gas naturale non può essere portato su scala abbastanza rapidamente o a quantità sufficientemente grandi. Se una tale scala fosse implementata, il gas naturale sarebbe a sua volta costoso. Parte dell’alto costo è la conversione dell’infrastruttura, comprese le enormi quantità di nuovi gasdotti e e nuovi veicoli alimentati a gas. Le rinnovabili, come eolico e pannelli solari FV, non sono a loro volta la soluzione. Tendono ad essere ad alto costo se si considerano i costi indiretti, come il costo della trasmissione a lunga distanza e della mitigazione dell’intermittenza. E’ difficile creare quantità abbastanza grandi di rinnovabili: la Cina ha rapidamente aggiunto capacità eolica, ma l’impatto di queste aggiunte si possono a malapena vedere nella parte alta della Figura 14. Senza sistemi di supporto, come strade e linee di trasmissione elettrica (che dipendono dal petrolio), non possiamo nemmeno tenere in funzione a lungo termine i sistemi elettrici di cui questi dispositivi fanno parte. Viviamo davvero in tempi interessanti. 

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Mentre scende la notte

Da “The Archdruid Report”. Traduzione di MR (h/t Richard Heinberg)

Mi ha rattristato sapere, pochi giorni fa attraverso una telefonata di un collega scrittore, che William R. Catton Jr. è morto all’inizio del mese, poco dopo il suo 89° compleanno. Alcuni dei miei lettori non avranno idea di chi fosse; altri potrebbero ricordare vagamente che ho menzionato ripetutamente lui e il suo libro più importante, “Overshoot”, in questi post. Coloro che si sono presi il tempo di leggere il libro appena nominato si potrebbero chiedere perché nessuno dei siti della blogosfera del picco del petrolio abbia messo un annuncio funebre o perlomeno notato la morte dell’uomo. Non ho la risposta a quest’ultima domanda, anche se ho i miei sospetti. Ho incontrato Overshoot per la prima volta in una libreria universitaria di Bellingham, a Washington nel 1983. Delle lettere rosse su una copertina rigida gialla enunciavano il titolo, una parola che conoscevo già dalle mie lezioni di ecologia e teoria dei sistemi. L’ho preso dallo scaffale e ho scoperto il futuro che mi stava fissando. Ecco cosa c’è sulla copertina sotto il titolo:

Capacità di carico: carico massimo sopportabile in modo permanente.
Mito cornucopiano: credenza euforica in risorse senza limiti.
Drenaggio: rubare risorse dal futuro.
Culto del cargo: illusione che la tecnologia ci salverà sempre dal
Overshoot (superamento): crescita al di sopra della capacità di carico di un’area che porta al
Collasso: moria.

Se volete sapere dove ho preso le idee chiave che ho esplorato in questi saggi degli ultimi 8-9 anni, in altre parole, ora lo sapete. Ho ancora la copia di Overshoot; si trova sulla scrivania di fronte a me proprio ora, ricordandomi ancora una volta quante possibilità abbiamo avuto di allontanarci da un futuro nero che si sta chiudendo ora intorno a noi, come la notte alla fine di un lungo giorno.

Moltissimi libri negli anni 70 e nei primi anni 80 hanno applicato le lezioni dell’ecologia al futuro della civiltà industriale e raccolto almeno parte delle cattive notizie che ne risultano. Overshoot è stato probabilmente il migliore del gruppo, ma era praticamente garantito che sarebbe sprofondato anche di più degli altri nel buco della memoria. La difficoltà è stata che Catton non si piegava alle mitologie standard che ancora affliggevano qualsiasi tentativo di dare senso al dilemma che ci siamo costruiti da soli, non forniva alcun incoraggiamento a ciò che chiamava “cargoism”, l’affermazione che il progresso della tecnologia ci avrebbe inevitabilmente permesso di avere il nostro pianeta e anche di mangiarcelo senza cadere dall’altra parte della bilancia nel tipo di sogno ad occhi aperti apocalittico che Hollywood ama rappresentare in brutti film. Piuttosto, con calma, freschezza, prosa riflessiva, ha spiegato come la civiltà industriale si stesse tagliando la gola da sola, come fossimo già andati ben oltre il punto di non ritorno e cosa si dovesse fare per salvare qualcosa dal naufragio in arrivo.

Come ho osservato in un post qui nel 2011, ho avuto la fortuna di incontrare Catton ad una conferenza ASPO e ho cercato di fargli capire quanto sia stato importante il suo libro per me. Ho fatto del mio meglio per non comportarmi come un fan quattordicenne che incontra una rock star, ma non ho idea se ci sono riuscito. Abbiamo parlato per 15 minuti a cena, era molto carino. Poi le cose sono andate avanti, ognuno ha lasciato la conferenza e proseguito con la propria vita e ora se ne è andato. Come dice una vecchia canzone, è così che va.

C’è molto altro che si potrebbe dire su William Catton, ma probabilmente il compito dovrebbe essere lasciato a qualcuno che conosceva l’uomo come insegnante, come studioso e come essere umano. Non è il mio caso. Eccetto per quella conversazione di 15 minuti, lo conoscevo soltanto come la mente che stava dietro ad uno dei libri che mi avevano aiutato a dare un senso al mondo e che mi ha fatto continuare nel lungo viaggio nel deserto dell’era Reagan, quando gran parte di coloro che affermavano di essere ambientalisti nel decennio precedente hanno incassato i propri ideali ed agitato il mito cornucopiano come scusa per tale atto. Quindi invito tutti miei lettori che non lo abbiano già fatto a leggere Overshoot il più presto possibile, anche se dovessero arrampicarsi a mani e ginocchia nude su un impianto per il fracking abbandonato per averne una copia. Detto questo, mi piacerebbe procedere nel tipo di tributo che credo avrebbe apprezzato di più: un tentativo di portare alcune delle sue idee più avanti di quanto non abbia fatto lui.

Il nocciolo di Overshoot, che è anche il nocciolo dell’intero mondo della tecnologia appropriata e delle alternative verdi alle quali è stato sparato in testa e che sono state gettate in una tomba senza nome negli anni di Reagan, è il riconoscimento che i principi dell’ecologia si applicano alla società industriale tanto quanto si applicano ad altre comunità di cose viventi. E’ strano, tutto considerato, che questa sia una proposta così controversa. La maggior parte di noi non ha problemi ad afferrare che il fatto che la legge di gravità condiziona gli esseri umani allo stesso modo in cui condiziona le pietre, la maggior parte di noi capisce che altre leggi della natura si applicano realmente a noi, ma pochissimi di noi sembrano essere incapaci di estendere lo stesso ragionamento sensato ad una serie particolare di leggi, quelle che governano il modo in cui le cose viventi si relazionano al loro ambiente.

Se le persone trattassero la gravità allo stesso modo in cui trattano l’ecologia, si potrebbe visitare un sito web di notizie ogni giorno della settimana e leggere qualcuno che insiste con faccia tosta che mentre è vero che le pietre cadono quando vengono lasciate, ma gli esseri umani no – , no no, gli esseri umani vanno dritti verso l’alto e chiunque la pensi diversamente è sbaglia in modo così ovvio che non vale nemmeno la pena discuterci. Questo livello di assurdità appare ogni singolo giorno nei media americani ed anche nelle conversazioni ordinarie, ogni qualvolta escono fuori questioni ecologiche. Suggerite che un pianeta finito contiene per definizione una quantità finita di combustibili fossili, che buttare miliardi di tonnellate di rifiuti gassosi nell’aria ogni singolo anno per secoli potrebbe cambiare il modo in cui l’atmosfera trattiene il calore, o che la legge dei ritorni decrescenti potrebbe applicarsi alla tecnologia allo stesso modo in cui si applica a tutto il resto, e praticamente potete contare sul fatto che verrete azzittiti da coloro che, per quello che torna loro comodo, potrebbero anche credere che il mondo sia piatto.

Eppure, come parte del viaggio in corso nell’indicibile in cui questo blog è attualmente impegnato, mi piacerebbe proporre che, di fatto, le società umane sono soggette alle leggi dell’ecologia come lo sono ad ogni dimensione della legge naturale. Questo atto di eresia intellettuale implica certe conclusioni che sono fortemente sgradite in gran parte dei circoli proprio ora. Eppure, come i miei lettori assidui avranno notato da tempo, questo è solo uno dei servizi che offre questo blog.

Cominciamo dai fondamentali. Ogni ecosistema, in termini termodinamici, è un processo tramite il quale l’energia relativamente concentrata viene dispersa in calore di fondo diffuso. Qui sulla Terra, perlomeno, l’energia concentrata proviene prevalentemente dal Sole, sotto forma di radiazione solare – ci sono alcuni ecosistemi, nelle profondità dell’oceano e sottoterra, che prendono invece l’energia dalle reazioni chimiche alimentate dal calore interno della Terra. Ilya Prigogine ha mostrato qualche decennio prima che il flusso di energia in un sistema di questo genere tende ad aumentare la complessità del sistema stesso. Jeremy England, un fisico del MIT, ha recentemente mostrato che lo stesso processo rappresenta perfettamente l’origine della vita stessa. Il flusso costante di energia dalla fonte al pozzo è il fondamento su cui si basa tutto il resto.

La complessità del sistema, a sua volta, è limitata dal tasso al quale l’energia scorre nel sistema stesso e questo a sua volta dipende dalla differenza di concentrazione fra l’energia che entra  nel sistema, da un lato, e lo sfondo in cui il calore di scarto si diffonde quando lascia il sistema, dall’altro. Non dovrebbe essere un concetto difficile da afferrare. Non solo è termodinamica di base, è fisica di base – equivale esattamente, infatti, a sottolineare che che il tasso al quale scorre l’acqua in ogni sezione a flusso dipende dalla differenza di altezza fra il luogo dove scorre l’acqua all’interno di quella sezione e il posto in cui fuoriesce.

Semplice com’è, è un punto che un numero impressionante di persone – comprese alcune che sono scientificamente allitterate – di solito non afferra. Un po’ di tempo fa su questo blog, per esempio, ho osservato che le ragioni centrali per cui non si può alimentare una moderna civiltà industriale con l’energia solare è che la luce solare è relativamente diffusa come fonte di energia, in confronto all’energia estremamente concentrata che otteniamo dai combustibili fossili. Sento ancora sproloqui da parte di persone che insistono che questa sia una sciocchezza assoluta, visto che i fotoni hanno esattamente la stessa quantità di energia che avevano quando hanno lasciato il Sole. Noterete, però che se questa fosse la sola variabile che importava; Nettuno sarebbe caldo come Mercurio, visto che i fotoni che colpiscono un pianeta costituiscono in media lo stesso colpo energetico di quelli che colpiscono l’altro.

E’ difficile pensare ad un esempio migliore della cecità nei confronti dei sistemi complessivi che sia pandemica nella cultura odierna dello smanettone. Ovviamente, la differenza fra le temperature di Nettuno e quelle di Mercurio non è una funzione dell’energia dei singoli fotoni che colpiscono i due mondi, è una funzione di una differente concentrazione di fotoni – il loro numero, diciamo, che colpisce un metro quadro della superficie di ognuno dei pianeti. Questa è anche una delle due cifre che contano quando parliamo di energia solari qui sulla Terra. L’altra? E’ il calore di sottofondo in cui si disperde il calore di scarto quando il sistema, ecologico o solare, ha finito con esso. Su scala più ampia, questo è lo spazio profondo, ma gli ecosistemi non incanalano il loro calore di scarto diritto in orbita, sapete. Piuttosto, lo diffondono nella temperatura dell’ambiente a qualsiasi altezza al di sopra o al di sotto del livello del mare e a qualsiasi latitudine più vicina o più lontana dall’equatore capita che si trovi – e siccome è scaldata dal Sole, a sua volta, la differenza fra le concentrazioni in ingresso e in uscita non è molto sostanziosa.

La natura ha fatto cose sorprendenti con quella differenza di concentrazione molto modesta. Le persone che insistono che la fotosintesi sia terribilmente inefficiente, e che naturalmente possiamo aumentare la sua efficienza, stanno trascurando un punto cruciale: Qualcosa come metà dell’energia che raggiunge le foglie di una pianta verde dal Sole viene messa al lavoro sollevando l’acqua dalle radici attraverso una forma ingegnosa di pompaggio ad evaporazione in cui l’acqua risucchiata attraverso i pori delle foglie come vapore pompa più acqua attraverso una rete di piccoli tubicini negli steli della pianta. Un’altra piccola percentuale va nella produzione di zuccheri per fotosintesi e in un numero di processi minori, come le reazioni chimiche fanno maturare i frutti, dipendo anche in qualche misura dalla luce o dal calore provenienti dal Sole. Detto tutto ciò, una pianta verde probabilmente è quasi efficiente, nel suo uso di energia solare, quanto le leggi della termodinamica glielo permetteranno.

Inoltre, gli ecosistemi della Terra prendono l’energia che scorre nei motori verdi della vita della pianta e la mettono al lavoro in una straordinaria diversità di modi. L’acqua pompata in aria da ciò che i botanici chiamano evapotraspirazione – cioè il pompaggio di evaporazione che ho menzionato poco fa – gioca ruoli cruciali nei cicli dall’acqua locali, regionali e globali. La produzione di zuccheri per immagazzinare energia solare in forma chimica innesca una serie di cambiamenti ancora più intricata, man mano che le cellule della pianta vengono mangiate da qualcosa, che viene mangiato da qualcosa e così via attraverso la danza vivace ma precisa della rete alimentare. Alla fine tutta l’energia che la pianta originale ha raccolto dal Sole si trasforma in calore diffuso di scarto e permea lentamente l’atmosfera verso il suo destino finale, riscaldando qualche angolo dello spazio profondo leggermente al di sopra dello zero, ma prima di arrivarci, di solito ha fatto un lungo viaggio.

Detto questo, ci sono limiti massimi solidi alla complessità dell’ecosistema che questi processi intricati possono sostenere. Potete capirlo abbastanza chiaramente paragonando una foresta pluviale tropicale a un tundra polare. I due ambienti potrebbero ricevere una quantità di precipitazioni quasi uguale nel corso dell’anno, potrebbero avere una disponibilità ugualmente ricca o povera di nutrienti nel suolo, ma anche così, la foresta pluviale tropicale può facilmente sostenere 15-20.000 specie di piante ed animali, mentre la tundra sarà fortunata se ne sosterrà poche centinaia. Perché La stessa ragione per cui Mercurio è più caldo di Nettuno: il tasso al quale i fotoni arrivano dal Sole in ciascun posto per metro quadrato di superficie.

Vicino all’equatore, i raggi del Sole arrivano quasi verticalmente. Vicino ai poli, visto che la Terra è rotonda, i raggi del Sole entrano con un angolo acuto e vengono così diffusi in una superficie maggiore. La temperatura ambiente è parecchio più alta nella foresta pluviale che nella tundra, ma siccome il grande motore di calore che chiamiamo atmosfera pompa calore dall’equatore ai poli, la differenza di temperatura ambiente non è grande quanto la differenza di input solare per metro cubo. Così gli ecosistemi vicini all’equatore hanno una più grande differenza di concentrazione di energia fra ingresso e uscita di quelli vicini ai poli e la complessità dei due sistemi varia di conseguenza.

Tutto ciò dovrebbe essere un sapere comune. Naturalmente non lo è, perché le nozioni di educazione del mondo industriale ignorano costantemente ciò che William Catton chiamava “i processi che contano” – cioè, le leggi fondamentali dell’ecologia che inquadrano la nostra esistenza su questo pianeta – e affrontano un gran numero di questi soggetti che finiscono nel curriculum in modi che incoraggiano l’ignoranza più imbarazzante sui processi naturali che ci tengono tutti in vita. Fra poco, discuteremo questo più in dettaglio. Per adesso, comunque, voglio raccogliere questi punti appena sollevati ed applicarli sistematicamente, più o meno nel modo in cui lo ha fatto Catton, al dilemma della civiltà industriale.

Una società umana in un ecosistema. Come qualsiasi altro ecosistema, esso dipende per la sua esistenza dai flussi di energia e, come in qualsiasi altro ecosistema, il limite massimo della sua complessità dipende alla fine dalla differenza di concentrazione fra energia che entra e lo sfondo in cui si disperde il calore di scarto. (Quest’ultimo punto è un corollario della Legge di White, uno dei principi fondamentali dell’ecologia umana, che dice che lo sviluppo economico di una società è direttamente proporzionale al suo consumo di energia pro capite). Fino all’inizio della rivoluzione industriale, quel limite massimo non era molto più alto del limite della complessità in altri ecosistemi, visto che gli ecosistemi umani prendevano gran parte della loro energia dalla stessa fonte dei non umani: i raggi del Sole che giungono alle piante verdi. Man mano che gli esseri umano hanno capito come sfruttare altri flussi di energia solare – energia eolica per alimentare mulini a vento e muovere navi sui mari, energia idrica per far girare mulini e così via – il limite massimo si è innalzato, ma non di molto.

Le scoperte che hanno reso possibile trasformare i combustibili fossili in energia meccanica ha trasformato l’equazione completamente. I processi geologici che hanno immagazzinato mezzo miliardo di anni di raggi solari in carbone, petrolio e gas naturale hanno aumentato la concentrazione di ingressi di energia disponibili alle società industriali di un fattore quasi inimmaginabile, senza scaldare la temperatura ambiente del pianeta se non di pochi gradi, e gli enormi differenziali di concentrazione di energia che ne sono risultati hanno alimentato un aumento altrettanto inimmaginabile della complessità. Scegliete la misura della complessità che preferite – numero di distinte categorie occupazionali, numero medio di esserei umani impegnati nella produzione, distribuzione e consumo di ogni dato bene o servizio, o quello che volete – e sulla scia della rivoluzione industriale, questa è andata fuori scala. Termodinamicamente, è esattamente ciò che ci si aspetterebbe.

La differenza di concentrazione di energia fra ingresso e uscita, vale la pena di ripeterlo, definisce il limite massimo di complessità. Altre variabili determinano se il sistema in questione raggiungerà o no il limite massimo. Negli ecosistemi che chiamiamo società umane, la conoscenza è una di quelle variabili. Se avete una fonte di energia altamente concentrata e non sapete ancora come usarla efficientemente, la vostra società non diventerà complessa come invece potrebbe. Nei tre secoli di industrializzazione, di conseguenza, la produzione di conoscenza utile è stata una strategia vincente, poiché ha permesso alle società industriali di di crescere costantemente fino al limite massimo della complessità definito dalla concentrazione differenziale. Il limite non è mai stato raggiunto – le legge dei ritorni decrescenti lo ha verificato – e quindi, inevitabilmente, le società industriali hanno finito per credere che la conoscenza da sola fosse in grado di aumentare la complessità dell’ecosistema umano. Visto che non c’è un limite massimo alla conoscenza, a sua volta, questo sistema di credenze ha alimentato ciò che Catton chiamava mito cornucopiano, l’illusione che ci sarebbero sempre state abbastanza risorse se solo la riserva di conoscenza aumentasse abbastanza rapidamente.

Questa credenza è sembrata però funzionare soltanto finché la concentrazione differenziale fra ingresso e sfondo è rimasta molto alta. Una volta che i combustibili fossili facilmente accessibili hanno iniziato a diventare scarsi, e si sono dovute investire sempre più energia ed altre risorse nell’estrazione di quanto è rimasto, i problemi hanno iniziato a saltar fuori. Le sabbie bituminose e gli scisti petroliferi nella loro forma naturale non sono concentrati come fonte energetica come il petrolio greggio leggero – una volta raffinati, certo, le differenze sono minime, ma un’analisi del sistema complessivo della concentrazione di energia deve cominciare nel momento in cui ogni fonte di energia entra nel sistema. Prendete una iarda cubica di sabbie bituminose appena estratta dalla miniera, con ancora la sabbia dentro, o una iarda cubica di scisto petrolifero con petrolio ancora intrappolato nella roccia ed avrete semplicemente ottenuto meno energia per unità di volume di quanta ne avreste ottenuta se aveste una iarda cubica di petrolio greggio leggero appena uscito dal pozzo, o anche una iarda cubica di arenaria permeabile con il petrolio greggio leggero che trasuda da ogni poro.

E’ un atto di fede nella cultura contemporanea che tali differenze non contino, ma questo è solo un altro aspetto del nostro mito cornucopiano. L’energia necessaria per estrarre la sabbia dalle sabbie bituminose o il petrolio dallo scisto deve venire da qualche parte e quell’energia, a sua volta, non è disponibile per altri usi. Il risultato, comunque la si rigiri concettualmente, è che il limite massimo della complessità comincia a scendere. Ciò suon astratto, ma aggiunge una grande quantità di miseria molto concreta, perché come già osservato, la complessità di una società determina cose come il numero delle diverse specializzazioni occupazionali che può sostenere, il numero di impiegati che sono impegnati nella produzione e distribuzione di un dato bene o servizio e così via. C’è una definizione adatta per una contrazione costante nella usuali misure della complessità in un ecosistema umano: “depressione economica”.

I problemi economici che stanno scuotendo il mondo industriale sempre più spesso in questi giorni, in altre parole, sono sintomi di un disastroso disallineamento fra il livello di complessità che la nostra concentrazione differenziale può sostenere e il livello di complessità che le nostre ideologie predilette insistono che dovremo avere. Quando queste due cose si scontrano, non c’è dubbio su quale delle due vincerà. Aumentare la nostra riserva di conoscenza non cambierà il risultato, visto che la conoscenza è una condizione necessaria all’espansione economica ma non una sufficiente: se il limite massimo della complessità stabilito dalle leggi della termodinamica scende al di sotto del livello che la vostra base di conoscenza altrimenti sosterrebbe, ulteriori aggiunte alla base di conoscenza semplicemente significano che ci sarà un numero crescente di cose che le persone sanno come fare in teoria, ma che nessuno ha le risorse per fare nella pratica.

La conoscenza, in altre parole, non è una bacchetta magica, un surrogato del Messia o una fonte di miracoli. Può aprire la strada per sfruttare con più efficienza l’energia e può capire come usare le risorse energetiche che prima non venivano usate affatto. Ma non può creare energia dal nulla. Anche se le risorse energetiche ci sono, per quel che vale, se altri fattori impediscono che vengano usate, la conoscenza di come potrebbero essere usate non è una consolazione – piuttosto il contrario.

Il secondo punto, penso, riassume la tragedia della carriera di William Catton. Lui sapeva, e poteva spiegare con grande chiarezza, perché l’industrialismo avrebbe causato la sua stessa caduta e quello che si poteva fare per salvare qualcosa da questo naufragio. Quella conoscenza, tuttavia, non era sufficiente a far accadere le cose, solo poche persone hanno ascoltato, la maggioranza si è tappata le orecchie ed ha cominciato a cantare “La la la, non ti sento” una volta che Reagan lo ha reso di moda e le azioni che avrebbero potuto risparmiare a tutti noi una grande quantità di miseria non sono mai avvenute. Quando gli parlai nel 2011, Catton era perfettamente consapevole che il lavoro della sua vita non aveva fatto essenzialmente niente per allontanare la società industriale dalla sua corsa verso l’abisso. Questa dev’essere una cosa amara da contemplare nelle ultime ore di vita e spero che i suoi pensieri si siano rivolti a qualcos’altro il mese scorso, quando la notte è alla fine scesa.

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Aporia

DaThe Great Change”. Traduzione di MR

 “Strategicamente, tutto si riduce a giocare la carta della paura o quella della speranza, anche se non si escludono l’una con l’altra”.

Di Albert Bates

Ultimamente abbiamo ponderato strategie attraverso le quali le persone consapevoli si sono approcciate alla minaccia esistenziale posta dal cambiamento climatico. Ha poco senso sprecare tempo in strategie che sono destinate a fallire, quindi periodicamente dobbiamo chiederci se il tempo dedicato alla rabbia, a reinventarci e a re-inquadrarci sia ben speso. In numerosi anni nel passato abbiamo adottato un approccio “tutto quello di cui” al consiglio di mitigare il cambiamento climatico, concedendo ugual peso ai processi esasperanti dei negoziati e agli arresti di massa. Da un lato ci impegniamo nella ritualità complessa degli incontri lunghi settimane delle Nazioni Unite cercando di metterci d’accordo su codici di condotta vincolanti. Dall’altro ci rallegriamo alle dimostrazioni di piazza ed ascoltiamo discorsi di incoraggiamento delle celebrità che ci dicono che dobbiamo modificare i nostri stili di vita, diventare verdi, conservare.

Per molti anni siamo stati tentati dalla prospettiva allettante degli ecovillaggi, con iterazioni progressivamente più soddisfacenti, mentre adesso molti degli esperimenti del mondo reale sono in grado di fornire decenni di dati preziosi sulle pratiche migliori. Ogni decennio il numero di conferenze su energia alternativa, gestione olistica e recupero ecologico sembrano fare un salto di un’ordine di grandezza. Allo stesso tempo, siamo di fronte all’inesorabile avanzata del lato oscuro, evidenziata da quel crescente corpus scientifico sui rilasci di metano artico e sulle possibilità di un’estinzione umana a breve termine; gli assunti macroeconomici inclinano il piano di gioco verso il ritardo e gli impedimenti neurobiologici come il pregiudizio di conferma, la deriva etica, la psicologia della perdita di investimento e la riduzione del tasso di sconto. Piuttosto che esporli tutti, semplifichiamo e diciamo, strategicamente, tutto si riduce a giocare la carta della paura o quella della speranza, anche se non si escludono l’una con l’altra e non sono nemmeno opposte.

A volte ci chiediamo  se, sostenendo una rapida guarigione del clima usando reagrarianesimo e permacultura, biochar ed agro-silvicoltura non stiamo distribuendo oppio. Stiamo vendendo indulgenze? Tutto quello che dovete fare a premere un interruttore et voilà! La civiltà viene trasformata per soddisfare i nostri bisogni di cibo (comprese mucche  allevate al pascolo), energia pulita, un riparo incantevole e i giusti mezzi di sussistenza mentre sequestriamo gigatonnellate di gas serra riportandole alla Terra per i tempi supplementari di un comodo Olocene. Eppure sappiamo che non è  così semplice. Tutto il biochar del mondo non ci salverà dalla funzione esponenziale applicata al principio del piacere e della fecondità umana. Fukushima e tutte le testate ammucchiate possedute da Israele e Nord Corea non scompariranno semplicemente anche se l’UNFCCC a Parigi si accordasse per tenere il carbone dei fratelli Koch nel sottosuolo sotto la pena dell’estradizione all’Aja e l’internamento a Spandau. Gli esseri umani hanno ancora molto a cui rispondere se avremo un speranza realistica di evitare la mannaia di Madre Natura.

Nel Lachete, Platone ha ricostruito un dialogo che Socrate ha fatto con due rispettati generali. A questi generali, Lachete e Nicia, era stato chiesto da alcuni distinti cittadini di Atene, Lisimaco e Melesia, se ai giovani si dovesse insegnare a scuola il combattimento con la corazza. Uno diceva di sì e l’altro diceva di non dargli alcun valore. Era lo stesso tipo di discussione che i genitori potrebbero fare oggi sul fatto che ai bambini si debba permettere di giocare o meno coi giocattoli da guerra.

Socrate disse a questi distinti militari che prima voleva informarsi, visto che erano entrambi esperti nell’arte del combattimento con la corazza, chi di loro era un esperto nell’animo dei giovani, dal momento che era quello il prodotto finale che cercavano. Chiede ad uno di loro di definire una particolare virtù del campo di battaglia, il coraggio. Il generale definisce un uomo di coraggio come uno che non scappa di fronte al nemico. Socrate spiega che questa definizione non copre tutti i casi di coraggio, così il generale definisce il coraggio come “una resistenza dell’anima”. Socrate continua ad incalzarlo. Il generale restringe la sua definizione ad una “saggia resistenza dell’anima”. Socrate deride la sua definizione mostrandogli che il coraggio in realtà più vicino ad una sciocca resistenza dell’anima. A questo punto, l’altro generale tenta di definire il coraggio: Definisce il coraggio come un tipo di saggezza o come “conoscenza dei motivi della paura e della speranza”.

Socrate: Noi consideriamo temibili le cose che procurano timore e rassicuranti quelle che non lo procurano e procurano timore non i mali passati né quelli presenti, ma quelli attesi, perché il timore è attesa di un male futuro. Non pare così anche a te, Lachete?

Lachete: Proprio così, Socrate.

Socrate: Tu senti, Nicia, la nostra affermazione che chiamiamo temibili i mali futuri e rassicuranti le cose che non saranno mali o saranno beni. Su questo, dici così o altrimenti?

Nicia: Così.

Socrate: E la scienza di queste cose la chiami coraggio?

Nicia: Esattamente.

Socrate: Esaminiamo ancora un terzo punto, se tu e noi lo condividiamo.

Nicia: Quale?

Socrate: Te lo dirò. A me e a Lachete pare che per le cose su cui c’è scienza, non ci sia una scienza del passato per sapere come è avvenuto, un’altra del presente come avviene e un’altra su come può avvenire nel modo migliore e avverrà ciò che non è ancora avvenuto, ma ci sia la stessa scienza. Per esempio, a proposito della sanità, per tutti i tempi non c’è che la medicina, che è unica e osserva ciò che avviene, ciò che è avvenuto e ciò che avverrà come avverrà. E a proposito dei prodotti della terra, identica è la posizione dell’agricoltura. E per le cose della guerra, voi stessi potete testimoniare che la strategia provvede a tutto nel modo migliore e soprattutto a ciò che avverrà e crede che occorra non asservirsi alla divinazione, ma dominarla, in quanto conosce meglio gli eventi della guerra presenti e futuri: e così prescrive la legge, che l’indovino non comandi lo stratega, ma lo stratega l’indovino. Diremo questo, Lachete?

Lachete: Lo diremo.

Socrate: E tu, Nicia, affermi con noi che, a proposito delle stesse cose, la medesima scienza è competente delle future, presenti e passate?

Nicia: Sì, a me pare così, Socrate.

***

Socrate: Il coraggio, dunque, non è solo scienza delle cose temibili e di quelle rassicuranti, perché è competente non solo sui beni e sui mali futuri, ma anche su quelli presenti, passati e di ogni tempo, come le altre scienze.

Nicia: Sembra.

Socrate: Allora, Nicia, tu ci hai detto che cosa è un terzo, circa, del coraggio; ma noi ti chiedevamo che cosa fosse il coraggio intero. Ora, a quanto sembra, stando al tuo discorso, il coraggio non solo è scienza delle cose temibili e di quelle rassicuranti, ma pressappoco è la scienza di tutti i beni e di tutti i mali di ogni tempo (tale è ora la tua definizione). Dichiari di mutare così la definizione o come, Nicia?

Nicia: A me pare così, Socrate.

Socrate: E ti pare, divino amico, che un uomo mancherebbe di una parte della virtù, se conoscesse tutti i beni in ogni tempo, come avvengono, avverranno e sono avvenuti e allo stesso modo i mali? Credi che costui mancherebbe di temperanza, giustizia o santità, egli a cui solo spetta, riguardo agli Dei e agli uomini, guardarsi dalle cose temibili e da quelle che non lo sono e procurarsi i beni, sapendo comportarsi correttamente con essi?

Nicia: Mi pare che tu abbia ragione, Socrate.

Socrate: Allora, Nicia, non è una parte della virtù ciò che ora hai detto, ma la virtù intera.

Nicia: Sembra.

Socrate: Eppure dicevamo che il coraggio è solo una delle parti della virtù.

Nicia: Lo dicevamo.

Socrate: Ma ciò che ora si è detto non sembra tale.

Nicia: Non sembra.

Socrate: Dunque, Nicia, non abbiamo trovato che cos’è il coraggio.

Nicia: Pare di no.

— Platone , Discutere di coraggio con i generali

Come possiamo vedere da questi passaggi, la questione è stata se il coraggio fosse qualcosa da coltivare e, ipotizzando che lo fosse, se si dovessero separare paura e speranza per il futuro dalla paura e speranza provenienti dal passato e dal presente. Socrate ha detto che non c’è separazione. Noi ce lo chiediamo. Possiamo fare poco riguardo al presente e niente riguardo al passato, quindi la paura e la speranza a loro legate è inutile. La paura e la speranza per il futuro sono di una qualità diversa. Più che modi di vedere, sono modi per motivare ad agire. Socrate e i generali li mettono sullo stesso piano.

La cerimonia dell’innocenza è annegata.
I migliori mancano di ogni convinzione mentre i peggiori
Sono pieni di intensità appassionata.

La seconda venuta W. B. Yeats

La domanda che sembrava sul punto di fare Socrate, ma che non ha fatto, era cosa pensare di una persona “che sapesse tutte le cose buone e tutto della loro produzione nel presente, nel futuro e nel passato e allo stesso modo sapesse tutto delle cose cattive” ma non usa il proprio dono per prendere la dovuta precauzione o procurare le cose buone. Possiamo fare congetture sul fatto che Socrate e gli altri che una persona del genere non avrebbe avuto coraggio, anche se non fosse necessariamente privo di altre virtù, e forse che avrebbe risolto l’impasse filosofico nel discorso.

Tornando alla nostra domanda, potremmo riformulare questo per chiedere: è più probabile pieghiamo l’arco della civiltà verso la sostenibilità instillando paura delle conseguenze di rimanere sulla nostra attuale traiettoria man mano che procede dal passato conosciuto o offrendo una visione di un percorso in avanti (una storia credibile a prescindere dal tempo che le possibilità contro di essa impiegheranno per diventare realtà)? Platone finisce la sua narrazione senza risolvere il problema filosofico. Nella filosofia Greca, questa sarebbe stata chiamata aporia, una fine neutrale. Ne veniamo fuori in modo analogo col nostro approccio, che potrebbe essere descritto meglio come il bastone e la carota. Entrambi sembrano motivare allo stesso modo. E’ solo un po’ triste che, collettivamente, sembra che abbiamo bisogno di una randellata col bastone prima di avventurarci a sgranocchiare la carota.

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Febbraio 2015: i fallimenti accelerano nel settore petrolifero

Da “The Oil Crash”. Traduzione di MR

di Antonio Turiel

Cari lettori,

potrebbe sembrare che non sta succedendo nulla di particolarmente rilevante sulla scena internazionale, tenendo conto della relativa stagnazione dell’evoluzione del prezzo del petrolio brent durante le ultime settimane. Dopo essere sceso dai 110 dollari al barile del giugno 2014 a meno di 50 dollari al barile nel gennaio del 2015, sembrava che la situazione si invertisse con una ripresa relativamente repentina di 10 dollari al barile a fine gennaio. Tuttavia, quasi un mese più tardi il prezzo del barile continua a rimanere da quelle parti.

In realtà è tutto il contrario: si sta verificando una rivoluzione che non viene percepita dalla maggior parte degli analisti economici, cioè, coloro che guardano solo l’evoluzione dei prezzi senza cercare di capire cosa ci sia dietro. E questa rivoluzione non è una rivoluzione energetica sullo stile di quella che è stato tanto sbandierato che stessero facendo gli Stati Uniti, ma proprio il crollo di questo gigante dai piedi d’argilla. Uno sguardo rapido alle statistiche della società di servizi dell’industria petrolifera Baker Hughes ci mostra il brutale crollo del numero di perforazioni orizzontali (caratteristiche, anche se non esclusive, del fracking) negli Stati Uniti, di più del 30% dal loro massimo dell’ottobre 2014:

E di conseguenza si avvicendano le notizie sulle estrazioni petrolifere e del gas, molte delle quali vincolate dal fracking, che stanno chiudendo per colpa dei propri debiti o licenziando in massa (metto i link delle sole notizie degli ultimi due mesi. Negli ultimi mesi del 2014 c’è una raccolta di queste della stessa dimensione):

Ma questa è solo la punta dell’iceberg, visto che non solo le estrazioni col fracking stanno soffrendo. Dall’altro lato della frontiera, la situazione non è molto meglio per le estrazioni delle sabbie bituminose in Canada:

Il disastro che sta avvenendo nel settore delle sabbie bituminose del Canada dà, sicuramente, un’altra dimensione, economica ed interessata, al recente veto del presidente Obama alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL.

E una conseguenza davvero preoccupante: non chiudono solo le estrazioni da fracking negli Stati Uniti, ma anche, e ad un ritmo più rapido, le trivellazioni verticali in quel paese (le quali sono tipiche dell’estrazione di petrolio convenzionale). Come vedrete nel grafico allegato, la caduta in questo caso è di circa il 50%, partendo inoltre da un punto da un numero che era molto più stabile nel tempo:

Nel frattempo, il Dipartimento dell’Energia statunitense, attraverso la EIA, riconosce nel suo rapporto di congiuntura che l’offerta ha superato la domanda già da più di un anno (anziché avere il tipico incrocio di curve stagionale) e non si prevede che le due variabili comincino ad equilibrarsi fino alla prossima estate:

Finora, queste eccedenze di petrolio prodotto, oltre ad abbassare il prezzo, sono servite alle grandi potenze per approvvigionarsi di oro nero. Così, le riserve di petrolio degli Stati Uniti e della Cina sono colme, cosa che alcuni analisti male intenzionati usano per ingannare il profano dicendo – letteralmente – che “le riserve degli Stati Uniti sono ai massimi storici”, confondendo così il petrolio stoccato nei depositi (che serve solo per coprire pochi mesi di consumo) con le riserve geologiche di petrolio. Il grafico del Dipartimento dell’Energia statunitense ci mostra che prevedono che la domanda di petrolio cominci a recuperare verso l’estate. Se tale previsione non si verifica (perché si scatena una recessione su scala globale) e la domanda non sale, essendo oltretutto i depositi di petrolio pieni, la produzione globale di petrolio sarebbe a grave rischio, visto che i prezzi si deprimeranno ancora di più e si chiuderebbero ancora più pozzi e giacimenti, alcuni dei quali non sarebbero tanto facili da riattivare nel caso di una eventuale ripresa economica successiva. 
Tutti questi indizi fanno prevedere che si avvicina un momento di rottura. O meglio il prezzo del petrolio comincia ad aumentare presto, per rilanciare finalmente la domanda (poco probabile) o perché la caduta della produzione finalmente si incontri con l’attuale livello di domanda, o meglio, una crisi finanziaria col fracking come epicentro è servita. Attendiamo gli eventi.
Saluti
AMT

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Affrontare i terremoti indotti dall’iniezione di fluido

Da “Phys.org”. Traduzione di MR (h/t Cristiano Bottone)

Sull’argomento dei terremoti correlati all’iniezione di fluidi nel sottosuolo, vedi anche questo post di Aldo Piombino.

Di Susan Garcia

Sismogramma registrato da un sismografo all’Osservatorio Weston in Massachusetts, USA. Foto da Wikipedia

Un saggio pubblicato oggi su Science fornisce un caso di maggiore trasparenza e raccolta di dati per l’attivazione di strategie per mitigare gli effetti dei terremoti antropogenici causati dall’iniezione di acque reflue associate alla produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti. Il saggio è il risultato di una serie di laboratori condotti dagli scienziati dell’USGS in collaborazione con l’Università del Colorado, dell’Oklahoma Geological Survey e del Laboratorio Nazionale Lawrence di Berkeley, suggerisce che è possibile ridurre il rischio di sismicità indotta attraverso la gestione delle attività di iniezione.

Grandi aree degli Stati Uniti che erano soggette a pochi terremoti o a nessuno, negli ultimi anni hanno registrato un aumento notevole dell’attività dei terremoti che ha causato una considerevole preoccupazione e danni alle strutture. L’aumento dell’attività sismica, specialmente negli Stati Uniti centrali, non è il risultato di processi naturali. Piuttosto, l’aumento della sismicità è dovuto all’iniezione di fluido associato alle nuove tecnologie che favoriscono l’estrazione di petrolio e gas da riserve precedentemente improduttive. Queste moderne tecniche di estrazione danno come risultato grandi quantità di acque reflue prodotte insieme a petrolio e gas. Lo smaltimento di queste acque reflue attraverso la loro iniezione in profondità occasionalmente provoca terremoti che sono abbastanza forti da essere percepiti e a volte persino dannosi. L’iniezione in profondità delle acque reflue è la causa principale del drammatico aumento dei terremoti rilevati e del corrispondente aumento del rischio sismico negli Stati Uniti centrali.

“La scienza dei terremoti indotti è pronta per l’applicazione e l’obbiettivo principale del nostro studio è stato di motivare più cooperazione fra le parti interessate – compresi industria delle risorse energetiche, agenzie governative, comunità delle scienze della Terra e il grande pubblico – per lo scopo comune di ridurre le conseguenze dei terremoti indotti dall’iniezione di fluidi”, ha detto il coautore, dottor William Ellsworth, un fisico dell’USGS. L’USGS attualmente collabora con le parti interessate allo sviluppo di un modello di rischio, per i terremoti indotti negli Stati Uniti, che possa essere aggiornato di frequente in risposta ai cambiamenti di tendenza della produzione di energia. “Oltre a determinare il rischio dei terremoti indotti, ci sono altre domande che necessitano una risposta mentre si affronta la sismicità indotta dai fluidi”, ha detto l’autore principale dello studio, il geofisico dell’USGS dottor Art McGarr. “Al contrario del naturale rischio di terremoti, sul quale gli esseri umani non hanno nessun controllo, il rischio della sismicità indotta può essere ridotto. Il miglioramento delle reti sismologiche e il pubblico accesso ai dati dell’iniezione dei fluidi ci permetteranno di rilevare i problemi di terremoti indotti in fase iniziale, quando gli eventi sismici di solito sono molto piccoli, in modo da evitare terremoti grandi e potenzialmente dannosi in seguito”. “E’ importante che tutte le informazioni di questo tipo siano pubblicamente accessibili, perché solo in questo modo possono essere usate per fornire la guida tempestiva necessaria a ridurre il rischio e le conseguenze dei terremoti indotti”, ha detto l’idrologo dell’USGS e coautore del saggio dottoressa Barbara Bekins.

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Stasera, Luca Pardi in TV!

Da non perdere: Stasera Luca Pardi, presidente di ASPO-Italia, parla di petrolio e di fracking in TV.

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Stasera seconda puntata di SCALA MERCALLI su Rai3 ore 21:30 :
Carbone, gas, petrolio: sono gli idrocarburi che hanno permesso all’uomo la crescita degli ultimi duecento anni. Ma estrarre risorse naturali è sempre più difficile e costoso.
Inquinamento in Cina, esempio positivo della Danimarca, architettura eco-biocompatibile in Italia.

http://www.scalamercalli.rai.it/dl/portali/site/news/ContentItem-461075e5-4f21-455a-aae5-b05d17b1e4b2.html?refresh_ce
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Si possono vedere le puntate già trasmesse qui :

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-5b5f6bd2-5128-4d7f-9987-212ab3949511.html?set=ContentSet-e700c6bd-340d-4c48-b0b6-5bddaf753356&type=V

h/t Gianni Tiziano.

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Lo Sviluppo dei Limiti

(post originariamente pubblicato suRimedio Evo“)

Di Marco Sclarandis                                   

                                  
                                 
Questa immagine non proviene da una rivista di taglio e cucito. ma da un manipolo di giovani ricercatori che più di quarant’anni fa intuirono che per davvero stavamo avvicinandoci al tempo in cui ogni cosa sarebbe stata contata.

Ora ci siamo.

Si tratterebbe ormai solo più di credere alle evidenze che copiose arrivano da tutto il mondo tutti i giorni e da tempo, anche.

La formula-matrioska é quattro terzi pi greco erre tre*.

Se applicata al volume della Terra si ottiene: 1083 miliardi km cubi ed una superficie di 510 milioni di km quadrati.

Da questi due numeri ne discende una cascata scrosciante di conseguenze ineluttabili.
Ma una che le riassume tutte è “Non esiste alcuna economia in crescita illimitata in un luogo limitato”.

E questo luogo è la Terra. 

E forse anche l’Universo, quello osservabile per lo meno.

Su ogni chilometro quadrato di Pianeta c’è più d’una dozzina di gente come noi, (tutta la gente è comunque gente, che lo si voglia o no).

Che, almeno nelle intenzioni, vorrebbe crearsi il personale Giardino dell’Eden a proprio gusto e somiglianza.

Più tutte altre creature che quanto a intenzioni non sono da meno di noi.

Sono tempi interessanti. Cinici, cinesi e cinematici.

Riusciremo a viverli con regale portamento?

* http://utenti.quipo.it/base5/geosolid/volsfera.htm

Marco Sclarandis

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Il caso Willie Soon: perché è un’idea pessima non dichiarare i propri conflitti di interesse potenziali nella ricerca scientifica

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi

Willie Soon, scienziato al Harvard-Smithsonian ha preso oltre 1 milione di dollari dalle società di combustibili fossili per finanziare i suoi studi e non ha dichiarato il suo conflitto di interesse negli articoli che ha pubblicato, dove ha negato il ruolo umano nel cambiamento climatico. 

Qualche anno fa, qualcuno si è accorto che ero proprietario di quote in una società che lavora sulle nuove tecnologie nell’eolico. Questo ha generato un attacco contro di me da parte di alcni sostenitori della fusione fredda.

L’attacco era basato su una sorta di sillogismo aristotelico che andava così: tesi, Ugo Bardi ha criticato la fusione fredda: antitesi: Ugo Bardi ha investito nell’energia eolica; sintesi: Ugo Bardi critica la fusione fredda solo perché vuole i soldi che può guadagnare con l’eolico. Sì, il livello del dibattito può arrivare così in basso! (*)

Naturalmente, queste accuse erano totalmente assurde ma, per un po’, l’attacco ha acquisito una certa trazione nel web ed ha generato un’ondata di insulti e diffamazioni contro di me (alcuni dettagli qui). Questo successo iniziale era basato sull’affermazione che avevo nascosto qualcosa di oscuro e vergognoso che poteva essere svelato solo dopo una difficile investigazione. Sfortunatamente per coloro che avevano dato inizio all’attacco, il mio coinvolgimento con quella società non era un segreto e scoprirlo non necessitava di alcuna investigazione. L’avevo dichiarato pubblicamente almeno tre anni prima! Ho solo dovuto evidenziare le mia precedente dichiarazione per vedere sgonfiarsi e scomparire tutto il trambusto.

Questa storia mostra quanto sia importante dichiarare tutti i propri conflitti di interesse potenziali, a prescindere da quanto possano essere remoti ed improbabili. Naturalmente, dato l’attuale livello del dibattito, qualsiasi cosa tu faccia sarai sempre frainteso ma, se lo fai apertamente, sei molto meno vulnerabile. E’ una lezione che il dottor Willie Soon si è perso. Nello scandalo conosciuto come “Willie Soon-gate”, lui non ha dichiarato che i suoi saggi scientifici, in cui negava l’influenza umana sul clima, erano stati finanziati dalla lobby dei combustibili fossili. E qui c’è un conflitto di interesse chiaro e diretto. Mi spiace signor Soon, ma questo non solo è imperdonabile, ma proprio stupido: pensava davvero che nessuno lo avrebbe notato? Ora, non ha difesa contro gli attacchi che sta ricevendo.

Alla fine, finché i conflitti di interesse vengono apertamente dichiarati, penso che la loro importanza non dovrebbe venire esagerata. Dovremmo giudicare una tesi scientifica nel merito, non sulla base di chi l’ha finanziata. In questo senso, forse sapete che il primo studio del “I Limiti della Crescita” (1972) è stato finanziato dalla Volkswagen. Non hanno mai tentato di influenzare o modificare i risultati dello studio, anche se suppongo che non fossero contenti di aver pagato per un lavoro che è arrivato alla conclusione che la loro attività principale fosse condannata a lungo termine!

Ho già dichiarato i miei investimenti in società che lavorano per la sostenibilità. L’ho fatto qui. Ora, lasciate che lo faccia di nuovo, aggiungendo solo alcune note sulle fonti dei miei finanziamenti di ricerca.
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Dichiarazione: investimenti e fondi di ricerca in sostenibilità di Ugo Bardi

Per prima cosa, notate che sono un dipendente del governo che vive del proprio salario, quindi non posso creare grandi società o finanziare grandi campagne pubblicitarie. Ciononostante, sono riuscito a risparmiare qualche soldo nella mia carriera, così ho pensato di poterne investire una parte in attività che credo siano buone per la specie umana e – forse – con questo fare qualche soldino. Se mi chiedete se ha funzionato, be’, posso citare la vecchia storia che ci sono tre modi per rovinarsi: il più rapido è scommettere, il più piacevole è con le donne e il più sicuro è con l’alta tecnologia. Ma non sono nemmeno completamente deluso. Credo che alcune di queste società risulteranno vincenti alla lunga. Ecco l’elenco completo:

Alterenergy s.r.l. (Energia fotovoltaica)
Retenergie (Energia rinnovabile)
Wind Operations Worldwide (nuove tecnologie eoliche)
Zefiro s.r.l. (Robotica e remote sensing, con qualche interesse nelle rinnovabili e nella gestione dei rifiuti).

Inoltre, ho un impianto fotovoltaico da 2,6 kW sul tetto di casa. Ho anche delle royalty su alcuni libri che ho pubblicato ma, finora, penso che avrei fatto più soldi intrecciando canestri e vendendoli. 

Circa le fonti dei mie fondi di ricerca, la maggior parte sono fondi pubblici dedicati alla scienza dei materiali, solo indirettamente alle energie rinnovabili ed alla sostenibilità. Solo una volta ho ottenuto un finanziamento da una società coinvolta nella produzione dei celle fotovoltaiche (First Solar). Tutte le rilevanti fonti di finanziamento sono dichiarate nei saggi che pubblico. 
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(*)  Riguardo agli attacchi dei media che descrivo nel testo principale, posso solo aggiungere che non erano diretti solo contro di me, ma avevano un altro obbiettivo, la signora Sylvie Coyaud, giornalista del quotidiano italiano “La Repubblica”, che aveva a sua volta criticato la fusione fredda ed i suoi praticanti. L’attacco contro di lei, tuttavia, è stato molto più sgradevole e diversi idioti anonimi l’hanno insultata in termini che sfioravano le molestie sessuali. Inoltre, è stata accusata di essere stata ispirata da me in tutto quello che aveva scritto sulla fusione fredda, con la chiara implicazione che una donna non possa capire nulla di queste materie complicate. Come si suol dire, “non c’è limite al peggio!”.

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